Letta, missione al Nord in cerca di voti leghisti: qui per convincere i delusi dall’alt a Draghi

di Maria Teresa Meli

Il leader democratico apre la sua campagna a Vicenza. La concorrenza dei centristi: atteso anche Renzi

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ROMA- Enrico Letta va alla conquista del Nord. Il segretario del Partito democratico è partito ieri per un giro elettorale del Settentrione: prima tappa il Veneto, poi Milano. L’obiettivo: intercettare i consensi in fuoriuscita dalla Lega. Il Carroccio, infatti, stando ai sondaggi riservati che sono arrivati al Nazareno sarebbe in affanno nel Nordest. Il mondo produttivo è rimasto spiazzato dalla decisione di Matteo Salvini di far cadere Mario Draghi: è una scelta che non ha condiviso né apprezzato e il Pd adesso spera di far convergere su di sé una parte dei voti dei leghisti moderati.

È una scommessa, certo, ma Letta intende giocarla anche per evitare che quel malcontento si traduca in consensi per il Terzo polo. Già, perché sulla crisi del Carroccio stanno puntando anche Carlo Calenda, che non a caso ha cominciato la sua campagna proprio in Veneto, e Matteo Renzi, che sarà in quella regione negli stessi giorni del segretario pd. «È una sfida — spiega il leader dem — che possiamo giocare a testa alta. Nessuno ha ancora capito come e perché Salvini abba deciso di rincorrere Conte nella follia di far cadere il governo Draghi proprio nel pieno di una guerra, con un’economia in evidente ripartenza nonostante lo scenario internazionale».

A Milano e a Torino, altra città su cui il Partito democratico punta molto, i dem tenteranno invece di intercettare i voti in fuoriuscita da Forza Italia, che, a detta dei dirigenti pd, «avrà una vera e propria emorragia di consensi». Anche lì i competitor sono Renzi e Calenda che mirano al disagio degli elettori di FI nei confronti della leadership di Giorgia Meloni e che hanno ex «azzurri» nelle liste dei candidati.

Per vincere la sua «sfida» e conquistare i voti dei delusi del centrodestra Letta agita lo spauracchio del 2011: «Tutti ricordano il baratro di quell’anno, con il governo Berlusconi, di cui Tremonti e Meloni erano ministri, costretto a dimettersi perché il Paese era sull’orlo della bancarotta. Dieci anni dopo l’Italia si è rialzata e risanata, ma ecco che loro si ripresentano nella stessa formazione pronti per una nuova bancarotta». «La preoccupazione — insiste il segretario del Pd — c’è tutta ed è legittima. I protagonisti sono gli stessi di allora con dieci anni in più e nessuna lezione imparata dagli errori fatti».

La concorrenza del Terzo polo al Nord si fa però sentire. Per questa ragione Letta insiste sul voto utile: «Più di un terzo dei collegi si gioca sugli uninominali. Tradotto, è eletto solo chi arriva primo. E per arrivare primi in un collegio bisogna prender almeno il 30-40 per cento dei voti. E può essere primo o il nostro candidato o quello della destra, quindi chi sceglie altre liste avvantaggia oggettivamente Giorgia Meloni. È bene chiarirlo una volta per tutte».

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