Balocco, il dolore e l’orgoglio

Paolo Griseri

Tocca a Diletta, Dile, poco più di vent’anni e un vestito lungo nero che racconta il suo giovane dolore, prendersi sulle spalle la responsabilità di parlare a nome di tutti: della madre, Susy, affranta e sorretta dai due figli minori, della zia, Alessandra, stretta in un corpetto chiaro sul vestito scuro del lutto. Tocca a Diletta pronunciare la frase più paradossale di tutta la cerimonia, quasi uno scandalo al funerale di un padre nel pieno degli anni: «Caro papà, siamo stati fortunati».

Ci vuole molto coraggio per parlare di fortuna di fronte alla bara di Alberto Balocco, 56 anni, ucciso da un fulmine venerdì scorso durante una gita in bici sulle montagne della val di Susa. Il vescovo di Fossano, Piero Delbosco, fatica a spiegare alle migliaia di persone che riempiono i banchi della cattedrale «perché Dio permette questo». Perché si porta via in pochi minuti «un imprenditore profondamente inserito nella nostra comunità fossanese, che tutti apprezzavamo per la sua capacità imprenditoriale e per la sua modestia». Ma anche per la sua sincerità: «Qualche tempo fa mi aveva confidato le difficoltà che stava affrontando, come tutti gli imprenditori in questo periodo. Sempre però con una grande voglia di combattere. Anche nei momenti difficili manteneva la sua serenità».

Un funerale è sempre, al tempo stesso, una mappa di sentimenti e di gerarchie, uno slancio dell’anima e un’assunzione di impegni per il futuro. Un impasto di essere e dover essere. A maggior ragione quando il defunto è un imprenditore, il capo di un’azienda dalla quale dipendono i destini di un’intera comunità. Per questo il discorso di Diletta è molto di più del commosso saluta di una figlia di fronte al feretro del padre. È anche un’assunzione di responsabilità da parte della generazione del futuro: «Noi figli abbiamo avuto la fortuna di essere stati parte della tua splendida vita. Ci hai insegnato a stringere i denti davanti alle difficoltà. Se il nostro motore. Tutto questo è per noi indelebile. Resterà per sempre». Non è facile trattenere la commozione di fronte a una figlia che parla con questo entusiasmo del padre scomparso, mettendo al centro il rapporto con lui e non le tragiche circostanze della sua morte: «Ora sei il nostro mito. Ci hai insegnato che bisogna sempre uscire dalla confort zone. Tocca a tutti noi dimostrarti che lo abbiamo imparato».

Se è Diletta a prendere solennemente gli impegni per il futuro, è Alessandra, la sorella di Alberto, che si deve occupare della gestione dell’azienda oggi. È lei che i dipendenti in maglietta bianca con il logo aziendale circondano sul sagrato, alla fine della cerimonia, quasi a farle da scudo, a proteggerla. Donna di grande temperamento è lei a salutare e ringraziare centinaia di persone mentre la moglie e i tre figli di Alberto Balocco fendono la folla in silenzio per raggiungere il carro funebre. «E stata una morte improvvisa, ci ha lasciato tutti sconvolti. Ma bisogna saper reagire. Avete visto oggi che c’è già una nuova generazione pronta a raccogliere l’eredità morale di Alberto, proprio come lui ed io avevamo fatto con nostro padre Aldo». In poche e precise parole Alessandra traccia una linea di continuità chiara, ordinata, com’è nella tradizione degli imprenditori cuneesi. È, naturalmente, un’eredità di tipo morale, ma è su quella che potrà basarsi, in futuro, anche la scelta della successione. La linea di continuità ha da ieri i suoi capisaldi.

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