Meloni apre all’armistizio delle bollette e dice sì al rigassificatore di Piombino
ALESSANDRO BARBERA
Come era inevitabile che accadesse, la crisi del gas russo costringe i partiti ad abbassare i toni. Alla spicciolata, i leader in campagna elettorale annunciano di essere disposti a discutere insieme del decreto che Mario Draghi dovrà varare entro metà settembre, l’ultima data utile per farlo approvare dal vecchio Parlamento. Ora è disponibile anche Giorgia Meloni, e non solo per trattare. Si dice contraria a «nuovo debito» e ha cambiato linea sulla nave rigassificatrice di Piombino, essenziale allo stoccaggio del gas africano e contro la quale fa le barricate il sindaco di Fratelli d’Italia. «Gli impianti vanno fatti, se non ci sono alternative per me l’approvvigionamento è la priorità».
In queste ore lo staff di Palazzo Chigi e il capo di gabinetto Antonio Funiciello si tengono in contatto con tutti. Carlo Calenda di Azione, che la settimana scorsa aveva lanciato un appello perché ci fosse un tavolo dei leader, attacca il Pd di Enrico Letta dicendo che «è l’unico a non aver risposto». Fonti della segreteria del partito reagiscono caustiche: «Calenda per far vedere che esiste vuol far perdere tempo a noi e al premier. Il presidente sa benissimo quali sono le nostre proposte, a partire dal tetto al prezzo del metano russo».
Draghi, il primo a lanciare la proposta a livello europeo, si sta occupando anzitutto di questo. Ha convinto i tedeschi a rompere gli indugi, e spera di fare altrettanto con il governo olandese. Non è ancora chiaro se si tratterà di un vero e proprio tetto, di certo permetterà di ridurre il costo dell’energia elettrica nell’Unione europea, fin qui dipendente dal prezzo del gas. La trattativa con gli altri governi la sta facendo la presidente della Commissione Ursula von Der Leyen, che in questi giorni ha sentito più volte al telefono Draghi. Contemporaneamente i tecnici stanno lavorando al terzo decreto di aiuti, che verrà immediatamente trasformato in emendamento al “bis” ancora in discussione alle Camere. A disposizione ci saranno fra gli otto e i dieci miliardi di euro, parte dei quali verranno dalla riscrittura della tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche. L’ipotesi più probabile è che si trasformi in addizionale Irap. Il Pd è favorevolissimo, il partito della Meloni meno. Il premier ieri ne ha parlato a Palazzo Chigi col ministro del Tesoro Daniele Franco. Draghi chiede che la nuova norma sulla tassa sia efficace, ha chiesto correttivi che costringano le aziende a pagare invece della fuga nei ricorsi e per questo alle riunioni partecipa anche la Guardia di Finanza. Il problema sarà riuscire a far bastare quanto a disposizione per rifinanziare tutti gli sconti fin qui garantiti. Il costosissimo sussidio su benzina e diesel, ad esempio: la proroga di quello in scadenza il 20 settembre per ora verrà confermata solo fino al 5 ottobre.
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