Leva obbligatoria, perché si torna a parlarne?
di Chiara Severgnini
Un anno di militare per ragazzi e ragazze: secondo Matteo Salvini «sarebbe un momento formativo». Il leader della Lega cita spesso l’ipotesi di ripristinare la naja nei suoi comizi. Ma la proposta non compare nel programma del centrodestra
La campagna elettorale ha riportato a galla un tema che ciclicamente si affaccia nel dibattito pubblico italiano: la leva obbligatoria.
La cosiddetta «naja»
è stata sospesa — ma non abolita — nel 2005: da allora, l’esercito
italiano è costituito solo da volontari, e dunque da professionisti.
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Nelle ultime settimane, però, Matteo Salvini , nei suoi comizi, ha più volte accennato all’ipotesi di un ritorno alla leva obbligatoria. Lo ha fatto, ad esempio, a Giulianova, in Abruzzo, dove si è detto «favorevole» a un «servizio di leva, magari su base regionale». Si tratterebbe, ha spiegato, di «un periodo in cui ti si insegna qualche cosa, il rispetto delle regole, la Protezione Civile o il pronto soccorso», utile per «insegnare ai giovani che non esistono solo i diritti ma anche i doveri». «Sarebbe un momento formativo», ha detto alla festa del Carroccio a Pinzolo, in Trentino, quando è tornato sull’argomento. «Per i nostri ragazzi e per le nostre ragazze potrebbe essere molto utile», ha ribadito poi a Capitello, nel Salernitano. E gli esempi potrebbero continuare.
La posizione del leghista — almeno al momento — non sembra condivisa dai suoi alleati.
Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, non ha preso posizione sul tema.
Silvio Berlusconi, invece, ha citato la leva, ma con uno spirito completamente diverso rispetto a Salvini. In un’intervista di Marco Galluzzo per il Corriere , il leader di Forza Italia ha rivendicato di «aver restituito ai ragazzi un anno di libertà, abolendo il servizio militare obbligatorio».
La distanza tra le posizioni espresse dai partiti della coalizione di centrodestra non è sfuggita né al M5S («Non c’è che dire: nel centrodestra poche idee ma ben confuse», si legge sull’account Facebook ufficiale del Movimento), né al Pd (il senatore Andrea Marcucci ha parlato di «cabaret», il suo collega di partito Enrico Borghi segnala l’esistenza di «una contraddizione profonda»).
L’idea di re-introdurre il servizio militare non convince neanche Luigi Di Maio, secondo cui «non è con la leva che restituiremo un futuro ai giovani». Giulia Pastorella, vicepresidente di Azione e consigliera del Comune di Milano, ha ricordato che era stato proprio il centrodestra, nel 2004, a sospendere la «naja», «anche per lo scandalo della morte di Emanuele Scieri, il parà morto di nonnismo, il cui omicidio è ancora impunito». Il suo commento è molto duro: «L’involuzione della destra passa anche da dichiarazioni come questa».
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Cosa dice il programma del centrodestra
Ma la reintroduzione del servizio militare è davvero sul tavolo?
Nel «programma per l’Italia» del centrodestra presentato da Giorgia Meloni, Salvini e Berlusconi non c’è traccia del tema. Il documento in 15 punti spazia dal fisco al lavoro, dall’energia alla scuola (qui l’analisi). Nella sezione dedicata alla sicurezza gli
alleati di centrodestra promettono un «adeguamento dell’organico e
delle dotazioni delle Forze dell’Ordine e dei Vigili del Fuoco» e una
«collaborazione di questi con la Polizia locale e le Forze armate per
consentire un capillare controllo del territorio»; ma non accennano alla
leva.
Nel punto del programma dedicato a «giovani, sport e sociale»,
invece, si citano «strumenti di finanziamento per esperienze formative e
lavorative all’estero», l’impegno a promuovere l’artigianato e
l’impresa «come prospettiva lavorativa per le nuove generazioni» e un
«supporto all’imprenditoria giovanile», ma neanche qui si parla della
«naja».
È vero che il «programma per l’Italia», per quanto lungo e
dettagliato nei titoli, lo è solo in parte sulle singole misure da
attuare, visto che ogni partito della coalizione ha presentato o
presenterà un proprio programma specifico con i temi forti e identitari
che lo caratterizzano. Ma anche nel manifesto — intitolato «Credo» — che riassume i valori fondamentali della Lega non si parla della leva.
Al suo interno, non mancano riferimenti alla sicurezza («Credo in
città sicure e protette dalle Forze dell’ordine») e ai giovani («Credo
che debbano avere più spazio e un primo impiego, sicuro, che li
incoraggi»). Ma non si cita la «naja».
L’argomento, però, è caro da tempo al leader leghista. Nel 2015 — mentre partecipava alla protesta delle forze dell’ordine in piazza Montecitorio, a Roma — Salvini si era detto certo che la leva potrebbe aiutare i giovani a imparare a «rispettare il prossimo». Nel 2018, durante un comizio in Puglia,
l’allora ministro dell’Interno era tornato sull’argomento dicendo:
«Vorrei che oltre ai diritti tornassero a esserci i doveri». Salvini ha
sollevato il tema anche nel 2020, durante le primissime settimane della pandemia. E quest’estate, come detto, ha più volte accennato alla leva in diversi comizi.
Secondo il ministro della Difesa Lorenzo Guerini (Pd), però, le uscite di Salvini si possono ricondurre a «estemporaneità da campagna elettorale».
«La leva obbligatoria è stata senza dubbio un elemento importante nella
storia del Paese, fungendo anche da strumento di unificazione
nazionale, ma riproporla significa avere una visione decisamente datata
che non risponde minimamente alle esigenze militari del nostro tempo»,
ha spiegato il ministro.
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