Promesse e crisi: l’agenda (difficile) post voto

Ne è stato un interessante assaggio il dibattito a proposito dello scostamento di bilancio per finanziare gli aiuti alle vittime del caro-bollette. Salvini è andato sulla strada già battuta, e ha proposto più deficit. Ma la Meloni l’ha stoppato: lo scostamento di bilancio, ha detto, è un’extrema ratio. E il giorno dopo anche Berlusconi ha riconosciuto che sarebbe meglio non fare altro debito, così dando ragione alla prudenza del governo Draghi e forse tracciando una possibile trama per il futuro governo. Il quale si troverà a dover finanziare, nel bilancio 2023, spese già ipotecate per alcune decine di miliardi dalla violenta fiammata inflattiva, a causa della quale anche allo Stato costerà tutto più caro. Non ci saranno margini neanche per una frazione di tutto ciò che era stato promesso nello spensierato dibattito agostano, già messo a tacere dalla drammatica emergenza energetica.

Quando Giorgia Meloni dichiara alla stampa estera che la prossima manovra di bilancio sarà «entro i parametri», lo fa dunque certamente per rassicurare i mercati e i governi alleati, tutti sospettosi delle sue origini. Ma forse è anche il frutto di un avvio di riflessione: perché lo stesso concetto di sovranismo, a lei tanto caro, si presenta ormai sotto forme nuove. Oggi la sovranità dell’Italia non si difende tanto dall’invasione dei migranti, quanto dagli attacchi speculativi degli hedge fund, dai rischi finanziari connessi a un debito troppo alto, dalle mire russe di influire sul nuovo governo, dal ricatto della dipendenza energetica. E dunque si difende meglio stando saldamente in Europa e nella Nato, sotto il cui ombrello è più agevole proteggersi dai rovesci della tempesta perfetta che ci si sta abbattendo addosso. D’altronde un partito d’ordine, come la destra ama presentarsi, dovrebbe portare ordine anche nei conti pubblici.

Sarà probabilmente questo il grande dibattito che si svolgerà nel centrodestra, se davvero vincerà le elezioni. Influirà sia sulla scelta del o della premier, sia sulla indicazione dei ministri e sulla loro nomina da parte di Mattarella, sia sulla tenuta, durata e solidarietà interna della coalizione. Non è una sfida da poco. Né può essere risolta con una frettolosa riverniciatura di vecchie idee e personaggi del passato. Ne saranno in grado? Alla fin fine votiamo su questo.

CORRIERE.IT

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