La confessione di Ratzinger sulla morte di papa Luciani
Dalla testimonianza emerge tutta la grande stima che Ratzinger nutre per la figura di Albino Luciani della cui santità si era detto “convintissimo” già nel 2003 e che considera “un uomo coraggioso sulla base della fede” in grado di rappresentare “un segno di speranza” in un momento in cui “la Chiesa postconciliare versava in una grande crisi”. “Il Postino di Dio” (titolo tratto da una definizione che Giovanni Paolo I amava dare di sè) è una raccolta preziosa di testimonianze di chi ha conosciuto o approfondito la figura dell’ultimo papa italiano. Racconti che contribuiscono anche a fare luce sul mistero della sua morte su cui tanto si è scritto, spesso lasciando più spazio all’immaginazione che alla realtà. Lo stesso Benedetto XVI ha rivelato di ritenere “insensate” le voci che circolavano su un presunto assassinio del suo predecessore, ricordando che “era chiaro che papa Luciani non era un gigante dal punto di vista della salute fisica”.
La cagionevolezza è un tema che ritorna in chi ha avuto modo di conoscere Luciani. Ad esempio, il cardinale Julián Herranz, membro dell’Opus Dei, ha ricordato a Scopelliti come in tutti gli incontri che ebbe con lui, il futuro Giovanni Paolo I aveva avuto problemi di salute. Lo stesso Giulio Andreotti ebbe modo di ricordare come rimase impressionato dal pallore del neoeletto papa in occasione della cerimonia di presa di possesso della Basilica lateranense, il 23 settembre 1978. Non tutti sanno che il sette volte presidente del Consiglio apprezzava molto la figura di Luciani ed amava citarlo quando gli chiedevano se continuava a considerarsi un conservatore.”Risponderò con Giovanni Paolo I: se conservatore vuol dire mantener intatta la propria fede, sono conservatore“, rispondeva Andreotti. E in effetti Luciani, a cui veniva attribuito questo appellativo soprattutto per il modo in cui aveva gestito la stagione delle contestazioni da vescovo, sosteneva che “se questo significa ‘fidem servavi’ (conservare la fede), sono un conservatore”.
È il ritratto che emerge dallo studio della sua figura e delle sue azioni, così come dalle testimonianze dirette di chi lo ha conosciuto: sempre nel libro di Scopelliti, ad esempio, c’è l’importante contributo del vescovo emerito di Belluno-Feltre, monsignor Giuseppe Andrich che lo conobbe e lo frequentò. Così lo ha ricordato l’anziano vescovo: “Luciani sapeva che le sue prese di posizione gli stavano facendo il vuoto intorno, ma non tentennava: ‘Cosa fareste al mio posto? Dovrei interdirmi ogni accenno agli errori o alle opinioni pericolose messe in giro? Mi pare di no, tradirei la mia missione e il popolo cristiano, il cui primo diritto è di sapere con chiarezza quali sono le virtù rivelate da Dio'”.
Allo stesso modo, per capire chi è stato davvero il “papa del sorriso” e perché merita l’elevazione agli altari, risultano preziose le memorie di due suoi segretari: l’orionino don Diego Lorenzi che lo affiancò a Venezia e a Roma e che ne ha scritto in un memoriale consultabile sul web e don Francesco Taffarel, fedele collaboratore nel periodo di Vittorio Veneto e con il quale i rapporti non s’interruppero mai. Don Taffarel è morto improvvisamente nel 2014 ma oltre ad aver lasciato la sua testimonianza per la positio nella causa di beatificazione (che si trova sempre nel libro “Il Postino di Dio”) ha anche affidato a Nicola Scopelliti un importante manoscritto di aneddoti e racconti vergati dal futuro Giovanni Paolo I e fino ad allora inediti. Sono usciti in un volume col titolo di “Giocare con Dio” (edizioni Ares) curato dallo stesso giornalista e sono utili, come sosteneva don Taffarel, a comprendere la “personalità accogliente e ospitale, il suo spirito libero e arguto, l’amore per i semplici accompagnato sempre dal desiderio profondo di fare apostolato, cioè di portare Gesù a tutti”. Un po’ come il volume “Illustrissimi”, catechesi in forma di lettere ai grandi del passato pubblicata quando Luciani era patriarca di Venezia e che lo stesso Ratzinger ha confidato di aver comprato subito dopo l’elezione nel 1978 per conoscere meglio il papa che oggi sarà beato. Dietro “quella semplicità, stava una formazione, specialmente di tipo letterario, grande e ricca, come emerge in modo affascinante dal piccolo libro Illustrissimi”, ha spiegato il papa emerito.
IL GIORNALE
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