Guerra in Ucraina e crisi energetica, le sanzioni dell’Occidente contro la Russia funzionano?
L’economia di Mosca si contrae, i cittadini sono più poveri. Ma gas e petrolio tengono in piedi il sistema. Con l’esportazione delle risorse indispensabili, Putin guadagna più di prima e può continuare la sua guerra per un altro anno
Pagano tutti, anche per quelli che non ce la fanno. Con un colpo di bacchetta magica, anzi con un provvedimento urgente approvato dalla Duma alla sua riapertura, spariscono le famiglie russe che non riescono più a pagare le bollette di gas, luce ed elettricità.
La nuova misura non prevede incentivi ma si limita piuttosto a un’opera di cosmesi introducendo il principio della «corresponsabilità» all’interno dei condomini con più di quattro appartamenti, che stabilisce la presa in carico dei debiti degli inquilini morosi da parte dei vicini. Alla fine, è sempre una questione di prospettive, e del modo di raccontarle. Il Cremlino parla di giustizia sociale. Gli economisti che studiano la vita russa, ormai a distanza, sostengono che si tratti invece di uno stratagemma, perché in questo modo i nuovi poveri spariscono all’interno di una nuova contabilità.
Le sanzioni e la loro presunta inefficacia sono la palestra dell’ardimento della propaganda e di questi giochi di prestigio. «Abbiamo bruciato quasi cento miliardi di dollari per tenere in piedi la nostra economia». Questa frase non è stata pronunciata pochi giorni fa da un bieco occidentalista. A farlo, è stata Olga Skorobatova, vicegovernatrice della Banca centrale russa, a cui è sfuggito un dato chiaro sul costo che la Russia sta pagando con la continua immissione sul mercato interno di denaro pubblico, utile a calmierare i prezzi di beni primari comunque in costante crescita. Come dimostrano pane, carne e verdure, saliti di un altro 5% rispetto allo scorso luglio.
L’impoverimento collettivo creato dalle sanzioni è impossibile da negare, anche solo affidandosi all’aneddotica spicciola. Aeroflot è obbligata a smontare i propri aerei che coprivano tratte extra nazionali per trovare pezzi di ricambio. A causa della mancanza di auto occidentali, Yandex, il più diffuso servizio di taxi, che opera quasi in regime di monopolio, è stato costretto a fare ricorso alle auto Lada di produzione russa, meno comode e sicure, chiedendo un aumento delle forniture. Ma la produzione ormai è ferma. Persino il governo ha dovuto stimare un crollo del 90% nel comparto automotive, che resta pur sempre un indicatore affidabile sullo stato di salute di una economia. Per Yandex sono in arrivo auto della bielorussa Unison, che assembla parti delle macchine cinesi Zotye, come accadeva ai tempi dell’autarchia sovietica.
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