Guerra in Ucraina e crisi energetica, le sanzioni dell’Occidente contro la Russia funzionano?
L’Istat russa si chiama Rosstat. E fa il suo lavoro, nel silenzio dei media di Stato. Nell’estate del 2022 l’industria nazionale è crollata. Su ventiquattro settori presi in esame, 18 hanno subito un calo che dal 6% del settore alimentare arriva allo sprofondo di quello automobilistico. L’iniezione di miliardi di denaro pubblico tiene a bada i prezzi, ma nulla può contro la chiusura delle fabbriche dovuta all’abbandono delle aziende occidentali e soprattutto agli embarghi sulla tecnologia che di fatto paralizzano ogni processo produttivo. Gli unici settori che prosperano sono legati alla guerra, soprattutto siderurgia e farmaceutic a, per altro beneficiati da uno stanziamento di novanta miliardi di dollari.
Ma il Cremlino continua a diffondere una realtà parallela che spesso attecchisce anche dalle nostre parti, basandosi su dati che hanno comunque qualche fondamento di verità. La televisione economica filogovernativa Rbk ha appena affermato che l’impatto negativo delle sanzioni è stato «ampiamente» sopravvalutato e nel 2022 la contrazione del Pil potrebbe fermarsi al 3%, invece del 6 previsto anche dalla Banca mondiale. Anche i redditi della popolazione, che dovevano crollare, sono scesi solo dello 0,8%. «La crisi dell’economia russa non è una caduta rapida ma una contrazione lenta e graduale che durerà per alcuni anni». Ruben Yenikolopov, il rettore della Scuola russa di economia, riassume così la situazione: «Se vi è capita di incontrare un boa che stritola lentamente al posto di una vipera dal morso letale, non è sempre una buona notizia». E spiega come alcuni dati che portano acqua al mulino dei contrari alle sanzioni siano specchietti per le allodole. Perché il Pil non dovrebbe limitarsi a scendere di poco, ma dovrebbe crescere in maniera esponenziale, per compensare la più grande spesa pubblica possibile: la guerra.
L’ambiguità maggiore quando di parla di sanzioni riguarda la loro efficacia nel far finire al più presto la guerra. Perché la verticale del potere putiniano si basa sugli apparati, ovvero Servizi segreti ed esercito, i cosiddetti Siloviki, gli «uomini della forza». E sulle risorse energetiche che via Gazprom irrorano in modo esclusivo un sistema che non è stato toccato in alcun modo. Ancora Yenikolopov: «La luce russa non si è spenta subito perché l’Europa non ha ridotto e non sta riducendo così rapidamente l’acquisto delle nostre risorse energetiche». Le ragioni di questa riluttanza sono note e se ne discute ormai da sei mesi. Vladimir Milov, ex deputato ed ex presidente dell’Istituto di politica energetica, è convinto che il blocco delle tecnologie finirà per colpire anche l’industria bellica. Ma con il gas e con il petrolio, Putin guadagna più di prima e può continuare la sua guerra almeno per un altro anno. Le sanzioni che non funzionano sono quelle che non ci sono ancora.
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