Giovanni Floris: «Berlusconi, Salvini, la sinistra: così vedo la corsa al voto. Chi mi ha colpito? Collot, di Potere al Popolo»
di Aldo Cazzullo
Il conduttore riparte oggi con «diMartedì» e commenta la sfida elettorale. «L’imitazione che Crozza fa di me? La trovo eccezionale, ho il poster in ufficio»
Giovanni Floris, lei ricomincia stasera. Quale campagna elettorale sarà?
«Centrodestra favorito. Ma mi colpisce che si siano invertite le parti che tradizionalmente recitavano destra e sinistra».
Cioè?
«La destra è sempre stata allegra e
vincente, ha sempre comunicato positività. Quest’anno invece è piuttosto
cupa, e, per la prima volta, evidentemente divisa, nonostante
formalmente si presenti unita».
Berlusconi come lo vede?
«Certo più anziano, ma non è quello il punto. Pare un oggetto spaesato in un mondo non più suo».
Salvini?
«Sembra un quadro di Maccari. Viene da
anni di pesanti sconfitte e ha un’immagine sfocata, di chi soffre a
ricoprire un ruolo non di primo piano».
La Meloni?
«È la protagonista di queste elezioni, ma è spesso sulla difensiva, usa toni eccessivi.
Ha un modo di porsi che non rende merito al percorso che ha compiuto.
Ha ammorbidito e ampliato i contenuti del suo messaggio, ma fa fatica a
cambiare l’atteggiamento, la postura. Quando parla nei comizi lascia
interdetti».
Perché?
«Perché toni e atteggiamenti del genere te li aspetti da chi rappresenta il 4% della popolazione, non da una futura premier».
La Fiamma tricolore è un problema?
«Lo è, ma evidentemente non viene
percepito come tale da almeno il 20% degli italiani. Chi non lo reputa
rilevante, chi non conosce la storia e il significato di questo simbolo,
chi non ci pensa. E chi ne è addirittura orgoglioso. Sarebbe invece
giusto e coraggioso cancellarla».
Però la destra, a differenza della sinistra, ha formato una coalizione.
«Più pragmatici di certo. Vanno uniti alle elezioni, ma sembrano pronti a dividersi un minuto dopo il voto».
Da cosa lo deduce?
«Dalle interviste, dal modo di
parlare, dai loro precedenti: penso alle amministrative, al governo
Draghi, al pasticcio per l’elezione del presidente della Repubblica. È
facile immaginare che la Meloni debba temere più i suoi alleati che non i
suoi avversari. Salvini e Berlusconi hanno avuto molto potere, lo
devono cedere a lei: una leadership tra l’altro femminile, una novità
che li rende ancora meno moderni, e necessariamente li marginalizza. Non
credo verrà evitata la solita performance del dopo voto: eccezioni,
richieste, veti».
Anche in passato la destra si era divisa.
«Non così. Si erano sempre divisi
davanti ai problemi di governo, ma Berlusconi Fini e Casini, e la scorsa
volta gli stessi Berlusconi, Salvini e Meloni erano sempre sembrati una
squadra coesa, quasi di amici. Adesso i programmi sono inesistenti. Un
tempo dicevano “meno tasse”; adesso non ci credono neanche loro. La
Meloni fa la figura migliore perché è più cauta, e chiede agli altri di
non essere avventati nel fare promesse. Sembrano saperlo pure loro: sia
che vinca la Meloni, sia che vinca Letta, sia che vincano Calenda o
Conte o la Collot, la crisi economica e il contesto europeo porteranno
il prossimo presidente del consiglio a fare quello che avrebbe fatto
Draghi, né più né meno».
Ci spiega la sua fascinazione per la Collot?
«Cerco sempre di valutare le persone
oltre al personaggio. È una donna che crede nella politica, e che quando
ha un turno di lavoro rinuncia a venire in trasmissione. Mi ha colpito.
Non è certo usuale».
Comunque sappiamo tutti che vincerà la destra.
«Sembrano destinati a vincere di
default, un po’ come accadde a Bersani, e dare per scontate le cose può
essere un errore alle elezioni. Ma è pur vero che i sondaggi parlano
chiaro».
Pages: 1 2