Dalla riforma dell’Irpef alla dote per i diciottenni, quelle promesse elettorali senza coperture

a cura di Niccolò Carratelli

Tutto bello, ma dove prendete i soldi per fare quello che dite? Domanda classica in campagna elettorale, quando si tende a promettere tanto, senza indicare quasi mai le relative coperture economiche. Secondo un’analisi di “Pagella politica”, più di 9 misure su 10 (il 96%) tra quelle portate avanti dai principali partiti sono prive di qualsivoglia indicazione sul reperimento delle necessarie risorse. Sono state isolate 328 proposte nei programmi dei quattro schieramenti (centrodestra, centrosinistra, Terzo polo e Movimento 5 stelle) e solo in 13 casi sono specificate, anche solo in linea generale, le possibili coperture. Ad esempio, sia nel programma del centrodestra che in quello del Partito democratico sono 88 le promesse che implicano una spesa per le casse dello Stato. Ma, se escludiamo le entrate attese dall’immancabile proposito della lotta all’evasione fiscale, comune a tutti i partiti, i soldi per far quadrare i conti non si sa bene da dove verranno recuperati. 

FRATELLI D’ITALIA – Riforma dell’Irpef con tre aliquote
32 miliardi il costo complessivo del taglio delle aliquote Irpef

Una riforma dell’Irpef con tre aliquote (contro le quattro attuali), flat tax «incrementale» al 15%, pensioni minime a mille euro, deduzioni per lo smart working e il lavoro femminile, assegno unico per i figli più robusto, quoziente familiare, deroghe strutturali alla legge Fornero e pace fiscale. Questa è la “Melonomics”, il programma economico della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che secondo i sondaggi è la candidata premier più accreditata a guidare il prossimo governo. I soldi per finanziare queste misure vengono presi dal reddito di cittadinanza e dal disboscamento delle “tax expenditure”. La riforma fiscale è il capitolo sicuramente più oneroso, visto che il ministero dell’Economia ha sempre stimato in 4 miliardi di euro il taglio di ogni punto delle aliquote. Meloni immagina la prima aliquota Irpef al 23%, la seconda al 27 e la terza al 43%: il che significa un taglio di 6-8 punti rispetto al sistema in vigore e quindi un costo di 32 miliardi. La flat tax «incrementale», invece, funziona così: l’aliquota del 15% si applica solo sulla quota di reddito imponibile che supera il livello dell’anno precedente.
Luca Monticelli

LEGA – Flat tax e quota 41, i cavalli di battaglia
23 miliardi la spesa annuale a regime per fisco e pensioni

Il primo banco di prova per il prossimo governo sarà la riforma della previdenza perché a dicembre scade Quota 102, che consente l’uscita anticipata dal lavoro con 64 anni di età e 38 di contributi. La proposta della Lega per superare la legge Fornero è Quota 41, ovvero consentire il pensionamento una volta raggiunti i 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Il Carroccio prevede 800 mila beneficiari nel triennio e sostiene di coprire la norma con la revisione del reddito di cittadinanza. La misura è vista con favore dai sindacati, ma ha un costo elevato per le casse dello Stato. Secondo l’Inps le coperture necessarie ammontano a 4 miliardi nel primo anno, e arrivano a superare i 9 in un orizzonte decennale. Più pessimista l’economista Tito Boeri, che a questo giornale ha parlato di una spesa per Quota 41 pari a 10 miliardi. L’altro pilastro del programma economico di Matteo Salvini è la Flat tax al 15%. La Lega stima un costo di 13 miliardi e prevede di attuarla in due step: prima l’estensione delle tassa piatta alle partite Iva fino a 100 mila euro di reddito (oggi si ferma a 65 mila); poi a dipendenti e pensionati fino a 70 mila.
Luca Monticelli

FORZA ITALIA – Pensioni minime, obiettivo 1000 euro
31 miliardi, costo totale per pensioni, flat tax e casalinghe

Forza Italia condivide l’idea della flat tax leghista ma immagina un’aliquota più alta, al 23%. Il progetto più ambizioso di Silvio Berlusconi, però, è rivolto alle pensioni minime e di invalidità che ritiene debbano essere portate a mille euro per tredici mensilità. Inoltre, Forza Italia pensa anche a riconoscere un assegno per le casalinghe che non hanno versato contributi. Idee che appaiono insostenibili per i conti dell’Inps. Per l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica queste misure supererebbero i 31 miliardi di euro. Forza Italia non individua coperture certe per la riforma delle pensioni, e come la Lega vede nella revisione del reddito di cittadinanza la possibilità di recuperare un tesoretto da investire.

Berlusconi suggerisce poi una sanatoria sulle multe stradali con il pagamento del 10-20% della sanzione. Inoltre, per il futuro, suggerisce un tetto alle contravvenzioni che non possono superare i 200 euro per chi ha un reddito inferiore ai 1.200 euro al mese. Capitolo inflazione. L’ex premier sostiene che un governo di centrodestra debba farsi carico di una quota importante degli aumenti del gas.
Luca Monticelli

PARTITO DEMOCRATICO – Una mensilità in più e dote ai diciottenni
28 miliardi, le risorse per cuneo fiscale, 18enni e docenti

Tra le promesse che Enrico Letta non manca mai di citare c’è la famosa «mensilità in più». Cioè l’aumento degli stipendi netti, con il taglio del cuneo fiscale, da finanziare attraverso il presunto «recupero dell’evasione». A regime, serve una copertura per circa 19-20 milioni di lavoratori dipendenti moltiplicato per mille euro annui. Sono circa 19 miliardi, oltre un punto di Pil, se a beneficio di tutti i dipendenti. Si prospetta costoso anche il progressivo «superamento dell’Irap», che gli altri partiti vorrebbero proprio cancellare. Poi c’è l’introduzione del salario minimo, fissato in 9 euro all’ora, o la conferma della formula zero contributi per le assunzioni a tempo indeterminato degli under 36. Fino all’introduzione della dote da 10 mila euro per i diciottenni, che è stata ipotizzata per 280 mila ragazzi all’anno (circa la metà di quelli che diventano maggiorenni), per un costo complessivo di 2 miliardi e 800 milioni. Qui la copertura c’è: aumento delle tasse di successione, per i patrimoni «superiori ai 5 milioni di euro». Ulteriore promessa pesante, quella di portare in cinque anni gli stipendi dei docenti italiani al livello dei colleghi europei, con un impegno per l’erario tra i 6 e gli 8 miliardi.

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