Sanzioni e sconfitte, la solitudine di Putin criticato da Kadyrov: «Cambi strategia»
di Francesco Battistini
Il leader ceceno arrabbiato per la ritirata. Lavrov: non rifiutiamo i negoziati. E Macron chiama lo zar: «Via le armi dalla centrale di Zaporizhzhia»
Quando Mc Donald’s ha abbandonato la Russia, in giugno, il logo dei nuovi fast food autarchici — due bastoncini e un cerchio, a stilizzare patatine&hamburger — doveva far capire che nulla cambiava. Ma siccome le sanzioni colpiscono duro, e le patate non arrivano più, anche le chips son diventante un bene di lusso : come i salumi e il cotone, i guanti chirurgici e la carta igienica . E lo sport? «Ci faremo le olimpiadi in casa», disse sprezzante un portavoce del Cremlino, quando il Cio escluse Mosca. Ma ora lo scontento degli atleti è forte: «Dobbiamo pensare a qualcosa — ammette preoccupato lo stesso portavoce — i nostri sportivi stanno avendo grossi problemi…». Perfino i fuochi d’artificio: sabato, Mosca s’è illuminata di botti per il Giorno della Città e Vladimir Putin ha inaugurato una ruota panoramica. Ma un analista politico suo amico, Sergey Markov, gliel’ha detto chiaro: «Le autorità non dovrebbero festeggiare, mentre il popolo è in lutto». E il leader di Giusta Russia, Sergey Mironov, altro fedelissimo, ha ammesso che «i fuochi vanno rinviati al giorno della vittoria sui nazisti: un giorno che è ancora lontano».
Operazione Fallimentare Speciale. La sorprendente ritirata da Kharkiv non è ancora una vittoria ucraina — un quinto del Paese resta in mano a Putin —, ma Kiev sta dimostrando di saper vincere anche in campo aperto, non solo con manovre d’astuzia. Ed era dalla Seconda guerra mondiale che non si vedeva una disfatta così rapida d’interi reparti russi. «Ci sono stati errori — riconosce Ramzan Kadyrov, il capo ceceno — e se non si cambia strategia, andrò io a spiegarlo ai vertici di Mosca: è una situazione infernale». Un inferno che smuove anche il tetragono ministro degli Esteri, Sergey Lavrov: «Noi non rifiutiamo i negoziati — dice — ma chi rifiuta deve capire che più ritarda questo processo, più difficile sarà negoziare». Pure il presidente francese Emmanuel Macron getta l’amo, proponendo in una telefonata a Putin di «ritirare le armi pesanti dalla centrale di Zaporizhzhia».
Lo Zar tace. Duecento giorni di guerra han fatto 5.718 morti, per non dire degli 8.199 feriti e dei 7 milioni di profughi, ma nulla si sa delle perdite militari, soprattutto di quelle russe. Al suo ventesimo conflitto in trent’anni, il Cremlino s’accorge forse d’avere scambiato l’Ucraina per la Siria o la Cecenia: «Pagherà un prezzo molto alto per questo fallimento — prevede Bill Burns, direttore della Cia», non solo è stata smascherata la debolezza dell’esercito: ci saranno danni economici per generazioni». «Putin ha sbagliato i calcoli», dice il cancelliere tedesco Olaf Scholz: se l’Ue via via rinuncerà al gas russo entro il 2027, riconosce uno studio del ministero dell’Economia russo, non basteranno le pipeline verso Cina e India a rimpiazzare le vendite.
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