In democrazia tutti hanno il diritto di cambiare idea

di Ernesto Galli della Loggia

Una possibilità che viene riconosciuta agli elettori allo stesso modo va riconosciuta ai candidati che si sottopongono al loro giudizio. E non è trasformismo

Sono almeno tre — Fratelli d’Italia, Azione e 5 Stelle — le forze politiche protagoniste della campagna elettorale, o i loro leader, cui sono rimproverate scelte compiute o cose dette e fatte nel rispettivo passato talora recente o recentissimo. Passato rispetto al quale oggi i loro esponenti mostrano più o meno esplicitamente di aver preso le distanze venendo perciò accusati d’incoerenza.

Che valore bisogna attribuire a una simile accusa? Davvero è auspicabile che chi si dedica alla politica mantenga sempre le stesse idee? Davvero è degno di rispetto solo chi di uomini, fatti e valori mantiene per così tanto tempo sempre la medesima opinione senza mai cambiarla, e quindi senza mai cambiare le proprie scelte, facendosi guidare sempre dagli stessi criteri di giudizio? Sono domande che nella vita pubblica italiana — dominata dal trasformismo per un verso ma per un altro dall’ambiguo moralismo di molte «questioni morali» — si ripropongono puntualmente. Uno sguardo al passato può aiutare a chiarirsi le idee.

Chi ha una certa età e forse qualcosa di più forse ricorda le fotografie che un settimanale di destra molto diffuso negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, Il Borghese , pubblicava in ogni suo numero. Erano perlopiù foto destinate a screditare gli esponenti politici della neonata Repubblica, in particolare democristiani e «socialcomunisti» (come allora si diceva).

Le foto riproducevano a questo fine le immagini risalenti a due tre decenni prima di molti di loro abbigliati nelle varie fogge e divise in uso nel regime fascista. Insomma gli antifascisti attuali ieri erano stati fascisti: quindi dei veri voltagabbana! Dopo un paio di decenni l’argomento cominciò ad essere trattato con ben altra serietà dagli storici. Venne così pienamente alla luce come un gran numero di intellettuali importanti dell’Italia repubblicana contemporanea — scrittori, professori universitari, giornalisti, artisti, uomini di spettacolo — molti anni prima fossero stati fascisti e spesso fascisti appassionati e convinti. Ma anche stavolta, passato un primo momento di sorpresa, nessuno sollevò un particolare scandalo.

Forse perché si era consapevoli che in un regime totalitario (e oltre tutto di un totalitarismo alquanto particolare come quello fascista) molti ingegni, specie giovani, non potessero che respirare quell’atmosfera e accettare la realtà del momento? Sì, certamente anche per questo. Ma soprattutto, io credo, per la convinzione che nei giudizi politici sia inevitabile e frequente l’errore, e sacrosanta perciò la possibilità di ricredersi. Che quando si tratta di politica — lo scenario dove tutto può cambiare con la maggiore rapidità e nella maniera più imprevedibile — mutare giudizio non è una colpa, ma spesso una necessaria presa d’atto della realtà e magari anche una prova d’intelligenza.

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