“Ma è soltanto la punta dell’iceberg”. C’è una rete di think tank e società di comodo in Europa: così i russi fanno entrare i soldi

Jacopo Iacoboni

Secondo un cablo del Dipartimento di Stato firmato da Anthony Blinken, che cita documenti di intelligence americana appena declassificati per volontà precisa di Joe Biden – e il cui contenuto è stato riferito, per ora solo nelle grandi linee, a un gruppo di giornalisti internazionali da parte di un alto ufficiale dell’amministrazione Usa in carica – dal 2014 in avanti la Russia ha trasferito più di 300 milioni di dollari a partiti politici, funzionari e politici stranieri in più di due dozzine di Paesi nel mondo. Non sono stati per ora resi noti i Paesi e i politici stranieri coinvolti da questa gigantesca operazione d’influenza. Gigantesca perché, stando a fonti occidentali consultate da La Stampa, i 300 milioni sono solo quelli di cui si ha la certezza documentale, ossia qualche tipo di riscontro tangibile già individuato. «Ma pensiamo sia solo la punta dell’iceberg», dicono gli americani.

L’operazione coperta russa avrebbe riguardato, secondo quanto risulta a La Stampa, di sicuro le recenti elezioni in Bosnia, Montenegro e Albania. Ma anche think tank e società di comodo che hanno fatto da front per i russi in Europa. E imprese statali in America centrale, Asia, Medio Oriente e Nord Africa. Una minaccia ibrida per lo più esercitata attraverso propagandisti infiltrati nelle tv e nei think tank dei Paesi europei, e corruzione ambientale.

La grande domanda adesso è: qualcuno in Italia ha preso questi soldi? «Gli Stati Uniti forniranno ai Paesi coinvolti le informazioni classificate riguardo quei politici che risultano essere stati finanziati», spiegano fonti americane. Se ci fossero informazioni riguardanti l’Italia, i primi avvisati sarebbero il Dipartimento per le informazioni e la sicurezza, e ovviamente il premier in persona.

Enrico Letta ieri sera ha chiesto una convocazione immediata del Copasir, e che il governo dia tutte le informazioni che ha (non si pensa solo a partiti e politici, ripetiamolo, ma anche a think tank e riviste, due tradizionali strumenti di interposizione usati dai servizi russi per far entrare soldi in Italia). Guido Crosetto, l’uomo che segue molti dossier sulla sicurezza nazionale per Giorgia Meloni, commenta la notizia di finanziamenti milionari dalla Russia: «Non mi stupisce perché c’era una tradizione antica da parte loro. Però vorrei sapere i nomi, se esistono, di eventuali beneficiati italiani. Perché è alto tradimento». Salvini chiede «si facciano i nomi», e giura «mai chiesto o ricevuto soldi da Mosca».

Negli ultimi anni molte sono state le polemiche per rapporti o trattative pericolose – politiche e non solo – di mondi politici italiani con i russi. Infinite le riviste e i siti, soprattutto populiste e sovraniste, che hanno svolto propaganda pro Cremlino. Un consigliere di Salvini trattò all’hotel Metropol una rivendita di gas con elargizione di presunti finanziamenti alla Lega (69 milioni) da parte del giro dell’oligarca Konstantin Malofeev, vicenda sulla quale è ancora aperta una difficile indagine della Procura di Milano (la Lega nega che la cosa sia mai andata in porto) con ipotesi di corruzione internazionale. La Lega firmò un accordo politico con l’emissario di Putin, Sergey Zeleznyak, che comprendeva anche «scambi di informazioni». Lo stesso accordo politico, negli stessi due mesi, fu trattato dal M5S con Alessandro Di Battista, i 5 Stelle solo alla fine non lo firmarono, dopo che il caso era stato rivelato da La Stampa. Per due volte dopo il 2014 delegazioni parlamentari 5 Stelle andarono in Crimea a sostenere la posizione annessionista filorussa, contro l’Ucraina. Grillo era ospite privilegiato a RT, oggi bannata in Europa. Il leader M5S Giuseppe Conte fu al centro di forti polemiche nel marzo 2020, per aver concesso una sfilata di mezzi militari e intelligence e generali russi in Italia, che i russi presentavano come «missione di aiuti».

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