Franceschini e la profezia alla Fassino: “Possiamo rimontare”
Col re delle profezie sballate Piero Fassino un po’ sottotono vista la brutta aria che tira intorno alla sinistra, il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini ha deciso di prendere il suo posto e sfregare la palla di vetro piddinocentrica per sfoderare la solita analisi dem sconnessa dalla realtà.
In un’intervista a Repubblica, Franceschini sostiene che, a dieci giorni dalle elezioni, il vento sarebbe “cambiato”. In favore della sinistra ovviamente, che però è assolutamente indietro rispetto all’alleanza di centrodestra, è sfaldata in almeno tre soggetti diversi, è delusa dalle liste compilate da Enrico Letta ed è in subbuglio al suo interno perché attende lo spoglio con lo stiletto già in mano.
Franceschini, però, novello Giuliacci, fuori dal suo ufficio in via del Collegio romano si è inumidito l’indice, l’ha sollevato per aria e ha capito che il vento sarebbe cambiato. Ora, dice: “La rimonta è possibile. La destra è arrivata a dieci giorni dal voto con troppa baldanza ma la gente sta iniziando a capire“.
Che la strategia elettorale dei big del Pd sia già da luglio basata su un entusiasmo di facciata per convincere i propri elettori che il risultato del voto non sia già scritto è comprensibile, avventurarsi in pronostici del genere quando la crescita del centrodestra è certificata non da settimane, ma da anni di sondaggi e voti riscossi soprattutto alle amministrative, è invece una fassinata in piena regola. Che, specie sui social, sta già scatenando l’ilarità di molti utenti tra cui quelli dello stesso Pd.
Dice Franceschini: “I sondaggi di agosto non valgono molto: la gente che ritorna al lavoro tocca con mano la drammaticità dei problemi“. Quello che dimentica, è che i problemi degli italiani non sono stati messi in stand-by dalle vacanze estive, c’erano già ed erano parecchi. Molti dei quali talmente datati da averli spinti ad abbandonare la scialuppa Pd che gli aveva promesso di portarli a riva senza remi, e di accasarsi presso altri lidi. Quindi, semmai, è proprio l’ulteriore presa di coscienza dei drammi a non deporre a favore del partito che, a vario titolo, ha governato negli ultimi 10 anni.
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