Zelensky, incidente in auto nella notte. A Izyum aveva detto: «Vedo gli orrori tipici dei russi»

di Francesco Battistini, nostro inviato a Kiev

Kiev: «Il presidente non ha riportato ferite gravi nell’incidente». Si indaga sulla dinamica. E durante la sua visita a Izyum annuncia sicuro: «Ci saranno tribunali, processi, verdetti»

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Libera nos a malo… E dai russi. E da tutto questo dolore. Volodymyr Zelensky ha la mano sul cuore, issa il blu e il giallo sulle rovine riconquistate d’Izyum. All’inizio s’abbandona a un po’ di retorica della controffensiva: «Prima, guardando in alto, cercavamo sempre il blu del cielo e il giallo del sole, ora cerchiamo solo la nostra bandiera». Quindi va in primissima linea, cosa che Putin non ha mai fatto in questi mesi, e visita gli orrori dell’Ucraina appena liberata. «Sempre le stesse violenze, le case distrutte, i civili uccisi…». A Balakliya c’è una camera delle torture. Gelida, spoglia di tutto. E sul muro solo graffiti disperati.

Le ultime preghiere, il pianto dei condannati a morte. Il disegno d’una croce, con le parole del Padre Nostro: «E non ci abbandonare», «ma liberaci dal male»… Echi di sofferenze inimmaginabili. Pallido, «Ze» sgrana gli occhi: «La visita qui è davvero scioccante. Ma non per me. Perché queste cose abbiamo iniziato a vederle da Bucha, dai territori liberati. Quel che hanno fatto a Izyum, purtroppo, fa parte della nostra storia e della storia della Russia moderna». Una certezza: «Sono sicuro che avremo i tribunali, i processi, i verdetti». Una promessa: «Un giorno torneremo anche in Crimea, sono passati otto anni. Non so quando, nessuno lo sa. Ma il mio messaggio è che torneremo anche lì».

8.500 chilometri quadrati e 388 villaggi liberati, 150 mila persone: è presto per chiamarla rivincita. Perché la guerra falcia ancora i migliori. Cade il primo ballerino dell’Opera di Kiev. Muore «Simba», il sergente paramedico Olga Simonova, che aveva rinunciato al passaporto russo per arruolarsi con gli ucraini ed era diventata il simbolo della riscossa: stava su mille manifesti, bionda e in divisa, ma l’altro giorno è saltata su una mina. «Aspettiamo a suonare la fanfara», avverte il capo delle forze armate tedesche, Eberhard Zorn: Putin ha impiegato solo il 60% delle truppe, niente marina e aeronautica, anche se «oggi possiamo dire con certezza che non riuscirà più ad avere tutto il Donbass».

Quattro giorni fa, a Izyum ci stavano i russi. Ora sono rinculati di 15 km, lasciando muri sforacchiati, negozi devastati, case scoperchiate. Spettri, pure: a Hrakove c’erano mille abitanti, ne restano una trentina, usciti dalle cantine a descrivere quegl’invasori «spaventati e paranoici» che sequestravano «perfino i nostri cellulari, per paura che usassimo i localizzatori». Zelensky ascolta, stringe mani, abbraccia. S’abbandona all’ottimismo («arriveremo alla vittoria!») ed elogia il nuovo eroe ucraino, il generale Oleksandr Syrsky che ha condotto l’arrivano-i-nostri. «Ma la riconquista va rafforzata», spiega.

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