Goffredo Bettini: “Il segretario dem è saldo, Conte dovrà parlare con lui”
Carlo Bertini
ROMA. «In questi ultimi giorni ho avvertito un cambio di passo del Pd», sostiene Goffredo Bettini, testa pensante della sinistra, una delle personalità più influenti del Partito democratico. «Le nostre idee stanno penetrando maggiormente nell’elettorato. L’effetto delle tante buone candidature nei territori si fa sentire. Così come la mobilitazione di centinaia di volontari. Inoltre, Letta, a mio avviso, ha stravinto il confronto con Giorgia Meloni. C’è da combattere fino all’ultimo. Ma l’orizzonte della vittoria non è affatto chiuso».
A dieci giorni dal voto, vi mancano però due o tre parole
d’ordine con le quali provare a vincere, idee forti che segnino un salto
in avanti della sinistra. Perché?
«Non mi pare francamente
che ci manchino le proposte. Ogni giorno le ricordiamo, sono la base
costante della nostra campagna elettorale. Semmai, per serietà e
rispetto dell’opinione pubblica, evitiamo di evocare promesse
irrealizzabili, demagogiche, “acchiappa voti”. In confronto al passato,
dove ci sono state incertezze, abbiamo definito una piattaforma sociale
in grado di superare la sfiducia delle fasce più povere della
popolazione italiana».
Può indicare tre messaggi forti in parole semplici?
«Primo:
combattere con ben altra coerenza l’evasione fiscale. Su questo ricordo
un intervento bellissimo e accorato di Romano Prodi. Attualissimo. Mi
ha colpito la notizia del ritrovamento di 8 milioni di euro nel giardino
di un imprenditore. Sono, pare, i primi di altri 100 sottratti al
fisco. Assurdo, poi, accanirsi contro le poche centinaia di euro a
sostegno di chi è fuori dal mercato del lavoro, non per sua
responsabilità. Secondo: superare in tutti i modi possibili la
precarietà del lavoro. Incentivando le assunzioni a tempo indeterminato e
migliorando ulteriormente gli ammortizzatori sociali. I giovani, nelle
condizioni attuali, non progettano la loro vita e vivono nell’ansia.
Terzo: i diritti e la libertà. La destra italiana plaude i regimi
illiberali. Attenzione a non tornare indietro».
La vostra posizione sulla guerra resta quella?
«Mi
faccia dire: pace, pace e ancora pace. L’Ucraina è stata aggredita. La
legittima difesa è stata sacrosanta. L’invio di armi giusto, perché
insieme al consenso popolare sta sostenendo una coraggiosa
controffensiva dell’esercito ucraino. Ristabiliti, tuttavia, i rapporti
di forza, occorre trattare, trovare un nuovo equilibrio e scongiurare
l’impiego delle armi nucleari. Occorre intendere bene le parole del
Papa. La Chiesa non è la ricreazione domenicale dell’anima, ma una
presenza concreta nella storia e va rispettata e ascoltata».
Le alleanze sono un tallone d’Achille. Il ministro Orlando
dice che sarebbe il caso di indicare una prospettiva di governo agli
elettori, ovvero che se vinceste dovreste allearvi con M5s e Terzo Polo.
Sbaglia?
«Sono d’accordo. Dobbiamo chiedere il voto al Pd
per resistere contro la destra, ma anche per dare una possibile
prospettiva politica all’insieme della Repubblica. Le voglio ricordare
un fatto: i comunisti italiani, anche nei momenti per loro più bui,
quando era impensabile per la divisione del mondo che potessero
conquistare il potere, in ogni appuntamento elettorale indicavano una
precisa proposta di governo. Non si votano i partiti solo per la loro
identità ma anche per la loro funzione nazionale. Questo è quello che ho
imparato fin da ragazzo. Per il resto, non so prevedere tutte le
evoluzioni possibili sulle alleanze. Le ho detto qual è lo spirito con
il quale occorre affrontare il voto e il futuro. Comunque, se dovessimo
vincere, il premier naturale sarebbe Letta, che sta dimostrando in campo
una notevole tempra».
Alla luce del buon rapporto che lei ha con Giuseppe Conte, è
rammaricato nel vedere come sia finita con il Pd? Lui e Letta si
prendono a pesci in faccia ogni mattina…
«Il dolore, mi è
già capitato di dirlo, è tanto. Si va divisi al voto. I reciproci colpi
sono inevitabili. Non credo, tuttavia, che porteranno a una condizione
di “non ritorno”. Il filo del dialogo con tutti i democratici non va
spezzato».
Ma a cosa mira il leader dei 5stelle quando dice che con
questo gruppo dirigente del Pd non si siede più a un tavolo perché non
si fida? È un’ingerenza nel futuro congresso dem per aiutare qualcuno a
buttare giù Letta?
«Letta è ben saldo. Chiunque, dopo il
voto e con qualsiasi risultato di fronte, intenda tornare a fare
iniziativa politica, dovrà confrontarsi con il segretario del Pd; che è
quello attuale».
Va fatto comunque un congresso dopo il voto?
«Un congresso ci sarà. Lo prevede lo statuto. Ma non è un tema dell’oggi. Oggi si combatte. Con determinazione e lealtà».
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