Matteo Renzi: “Draghi accetterebbe un bis noi all’opposizione se vince Meloni”

Carlo Bertini

«Ove si creassero le condizioni e Mattarella glielo proponesse, sono certo che Mario Draghi accetterebbe». Matteo Renzi, che guida con Carlo Calenda il Terzo Polo, non dubita che, nel caso dalle urne non uscisse un chiaro vincitore, sarebbe possibile un governo Draghi bis. Ed esclude qualsiasi sponda al centrodestra, perché «se ci sarà un governo Meloni noi saremo all’opposizione». Ma l’ex premier non risparmia fendenti a Enrico Letta, che «vive di rabbia emotiva e per rancore personale ha preferito rompere l’alleanza con Italia Viva, pensando di farci un danno, in realtà facendoci un favore».

A cosa puntate, che obiettivo minimo vi date?

«Se facciamo più del 10% saremo decisivi in Parlamento per la nascita di un governo serio e istituzionale. Se facciamo meno del 10% al Governo ci va la Meloni e noi faremo un’opposizione civile ma rigorosa. E dedicheremo il resto del tempo a creare una casa comune dei riformisti europei visto che la Meloni è sovranista e il Pd finirà di nuovo tra le braccia grilline».

La vicenda dei fondi russi a dieci giorni dal voto secondo lei desta perplessità. In che senso?

«Sollevai il tema delle ingerenze russe fin dal 2016. Pochissimi organi di stampa hanno rilanciato quei temi: La Stampa costituisce un’autorevole eccezione ma la maggioranza ha ignorato il problema. E ora all’improvviso ne parlano tutti? Qualcosa non mi torna. Cinque Stelle e Lega hanno sempre flirtato con Russia Unita ma penso lo facessero gratis. Se qualcuno ha delle prove le tiri fuori, altrimenti diventa un autogol. Mi interessa sapere quale partito ha intascato soldi russi ma mi interessa capire quali partiti hanno sprecato soldi italiani: le truffe del reddito di cittadinanza e dei bonus edilizi, quota 100, i banchi a rotelle. E in questo caso non c’è bisogno di report speciali: i responsabili sono Cinque Stelle e Lega».

In ogni caso, ha avvertito la Meloni che ogni due anni lei fa cadere un governo: prevede un’altra crisi nel 2023?

«Ho fatto una battuta scherzosa che però esprime un concetto serio: in Italia i governi si fanno in Parlamento. Nessuno può buttare giù il governo dall’esterno: occorre che qualcuno si smarchi. E vedendo i litigi di queste ore tra Salvini e Meloni ci sta che i due litighino. Non prevedo il crollo nel 2023 o nel 2024, non ho doti divinatorie: garantisco soltanto che se ci sarà una crisi di governo, faremo l’interesse del Paese come già accaduto nel 2019 quando abbiamo fermato Salvini e nel 2021 quando abbiamo fermato Conte. Meloni ha risposto piccata che io non ho rispetto istituzionale. Dico a Giorgia che se non è passata la riforma costituzionale e la legge a doppio turno con il ballottaggio è perché quelli come lei hanno votato contro al referendum del 2016».

Certo che ne ha per tutti: ogni mattina attacca Letta, i 5stelle e il Pd. Ma con quali partiti farebbe nascere un governo?

«Io non attacco il PD. È Enrico Letta che vive di rabbia emotiva. E ha talmente tanto rancore personale che ha preferito rompere l’alleanza con Italia Viva pensando di farci un danno. In realtà ci ha fatto un favore. Perché questa scelta purtroppo azzera le possibilità di molti ex compagni di strada del PD di essere eletti nei collegi – umanamente mi dispiace per loro, ma sanno che il responsabile della decisione è Letta, non sono io – ma a noi regala chiarezza. Noi vogliamo cambiare la legge elettorale, andare al ballottaggio e diventare maggioranza nel 2027 replicando lo schema Macron: prendendo cioè sia a destra che a sinistra. Se ci sarà il Governo Meloni, staremo all’opposizione. Se ci sarà un governo istituzionale guidato da Draghi, voteremo la fiducia».

Ma la voterebbe una riforma in senso presidenziale?

«Sono a favore dell’elezione diretta, ma preferisco l’elezione diretta del premier e credo che debba stare insieme alla fine del bicameralismo paritario. Credo che questa sia la volta buona per il modello del sindaco d’Italia: sarebbe una grande svolta per il Paese».

Non ha bucato lo schermo il richiamo al voto utile di Letta ma neanche il vostro Terzo Polo decolla. Sbagliato?

«Il richiamo al voto utile è l’ennesima sfolgorante intuizione di Letta insieme agli occhi di tigre, alla tassa di successione, all’archiviazione di Blair per abbracciare Di Maio, all’accordo con chi votava contro Draghi, all’inseguimento del Movimento Cinque Stelle sui temi del reddito di cittadinanza. Il voto è sempre utile quando ci sono quattro schieramenti: dire il contrario è una falsità. E del resto il vero voto utile è mandare persone competenti in Parlamento. Forse Calenda e io non siamo i più simpatici dell’universo, ma si tratta di mandare in Parlamento chi conosce i conti pubblici, non chi racconta barzellette».

Come spiega dunque la risalita nei consensi di Conte? Con la simpatia personale? Lei lo dava per morto…

«Ho sempre detto che Conte non sarebbe arrivato al 2023. Avevo visto giusto. Quando Conte lo ha capito anche lui, ha fatto di tutto per anticipare di sei mesi la corsa. Ha messo al centro l’interesse del suo partito rispetto a quello degli italiani. Si tratta di una scelta meschina ma che gli regalerà consensi. Vederlo circondato da chi percepisce il reddito di cittadinanza e lo acclama in alcune città del Sud fa male al cuore: è l’espressione di una politica che non è confronto di idee ma clientelismo e voto di scambio».

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