Incubo crac per l’energia: 70 società italiane a rischio per i prezzi fuori controllo
Giuliano Balestreri, Fabrizio Goria
I tormenti del settore europeo dell’energia agitano l’animo di banche, cancellerie, imprese e famiglie. I margini di garanzia, o margin call, che le società energetiche, le utility, dovranno pagare entro la fine del mese sono troppo elevati. Secondo i calcoli di Refinitiv, primaria società di intelligence economica, sono oltre 1.500 miliardi di dollari. Soldi che fino a un anno non erano necessari per proteggere i finanziamenti dati alle aziende del comparto. Ma che ora lo sono, a causa della volatilità del mercato. Secondo l’agenzia di rating Fitch “la situazione è estrema”. I governi di Germania, Finlandia e Svezia hanno messo in campo interventi ad hoc. La Commissione Ue studia misure analoghe. Ma il tempo è il problema immediato. A cui fa seguito il secondo, ovvero le possibili nazionalizzazioni. Solo in Italia, 70 società sono a rischio crac, come spiegato da Utilitalia, l’associazione che racchiude il segmento. La fine del mercato libero dell’energia, con un salto indietro di 20 anni, è un rischio concreto.
La finanza
Le società energetiche europee stanno
affrontando richieste di margini per un totale di 1,5 trilioni di
dollari nel mercato dei derivati e molte avrebbero bisogno di un
sostegno politico per coprirle tra oscillazioni selvagge e prezzi alle
stelle del gas e dell’elettricità, ha detto a Bloomberg un dirigente
della major norvegese dell’energia Equinor. Secondo Helge Haugane,
vicepresidente senior di Equinor per il gas e l’elettricità, la stima di
1,5 trilioni di dollari è persino “conservativa”. A tremare sono anche
le società finanziarie, che hanno esposizione nei confronti delle
utility del segmento. Interpellata da La Stampa, la società di
compensazione dei derivati europea Eurex conferma che c’è una “pressione
con pochi precedenti” – l’indice del rischio di liquidità è salito del
138% nel secondo trimestre del 2022 su base annua – e che “anche con i
prezzi attuali c’è un significativo problema di margini di garanzia per
il prossimo anno termico”. E dato che l’anno termico inizia il primo
ottobre, le domande si moltiplicano. Quanti operatori dovranno essere
salvati? Ci potranno essere delle situazioni di insolvenza? Per ora, la
Commissione europea conferma di monitorare con attenzione la situazione,
così come la Banca centrale europea (Bce). L’istituzione di Christine
Lagarde ha chiesto alle banche dell’eurozona di fornire “al più presto”
l’esposizione sul segmento delle utility. Entro l’inizio della prossima
settimana, dovranno comunicarlo. Lagarde ha ribadito la sua presenza:
“Siamo pronti a fornire liquidità alle banche, non alle utility
dell’energia”. Una frase che lascia aperta la porta a possibili
situazioni di stress, come fallimenti o richieste di aumenti di
capitale. Che potrebbero essere significative anche qualora il prezzo
calasse. “È la volatilità a incidere sui margini richiesti, non il
valore assoluto del contratto”, confermano dalla Bce.
Le aziende
Dalla Germania all’Austria i nodi stanno emergendo. Prima Uniper, poi Wien Energie, infine la Verband kommunaler Unternehmen (Vku), l’associazione delle municipalizzate tedesche, hanno lanciato l’allarme. E in Francia, l’Eliseo entro fine settembre farà l’offerta definitiva per Edf (Électricité de France). La nazionalizzazione è la via. “Il rischio è quello dell’insolvenza”, ha spiegato. Perché – ha detto il direttore Ingbert Liebing – i prezzi dell’energia, e i margini domandati dagli istituti di credito, sono schizzati. C’è evidenza, anche in Italia, che i grandi gruppi bancari stanno domandando più garanzie per i finanziamenti. Non solo. Dolomiti Energia, uno dei maggiori provider del Nord-Est, che opera fra Trento, Milano e Torino, ha iniziato a rescindere i contratti a prezzo fisso. “Siamo stati costretti, visto che gli aumenti sono nell’ordine del 400%”, fa notare Marco Merler, amministratore delegato del gruppo. Situazioni analoghe sono presenti in tutta Italia. Le coperture finanziarie richieste con questi prezzi esorbitanti sono salite a livelli proibitivi per le medio-piccole, fa notare Utilitalia. A lanciare l’allarme per prime sono le utilities di Catania e di Voghera (Pavia), controllate da enti locali. “Compriamo il gas dagli shipper – spiega Marco Azzali, direttore operativo Asm vendita e servizi — e forniamo energia elettrica, gas e teleriscaldamento a circa 40 mila clienti, tra aziende (Pmi) e soprattutto famiglie (il 40% in maggior tutela). Ma quest’anno rischiamo di non avere gas da vendere. I prezzi sono decuplicati rispetto a gennaio 2021. Il nostro fornitore principale era Engie, ex Gas de France.
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