Il Pnrr spacca il fronte della destra

Francesco Olivo

Le ultime fatiche di una campagna elettorale anomala sono cariche di ombre. Giorgia Meloni è ottimista, «guardate quanti siete», dice ai militanti pugliesi radunati davanti alla chiesa di San Ferdinando, dove Pinuccio Tatarella arringava le folle della destra barese. Meloni, però, fa politica da troppi anni per non sapere che le piazze piene sono solo una parte del lavoro, poi c’è il resto. Se da Bari il vento, fortissimo, è positivo, da Roma e Milano arrivano segnali che nascondono qualche insidia. Il problema è sempre il solito: gli alleati. Se Matteo Salvini ricorda ogni giorno che lui vuole lo scostamento di bilancio, scandalizzato perché «Giorgia tentenna», ora ci si è messo anche Silvio Berlusconi, che giovedì si è distinto sulla politica estera e ieri è tornato a smarcarsi, stavolta sul tema del Pnrr, che FdI vorrebbe rinegoziare. In linea con quanto detto da Mario Draghi due giorni fa Berlusconi ha spiegato: «Sarebbe gravissimo se per ridiscutere il Pnrr si mettessero a rischio risorse preziose che con tanta fatica abbiamo procurato per far ripartire l’Italia». E poi, ancora: «Aggiustamenti marginali naturalmente è del tutto ragionevole farli, in accordo con l’Europa – ha spiegato il leader di Forza Italia a Il Settimanale – alla luce di mutate condizioni, ma nulla più di questo. Ridiscutere il Pnrr sarebbe illogico e pericoloso, mentre non c’è nessun motivo vero per chiederlo».

Prima di salire sul palco di via Sparano, Meloni evita di entrare in collisione con il Cavaliere «non credo sia pericoloso», si limita a ribattere, spiegando poi che «non si tratta di una questione ideologica. Facciamo un’altra domanda: noi abbiamo i prezzi delle materie prime che sono aumentati sensibilmente. I bandi, secondo lei, avranno qualcuno o andranno deserti? I soldi devono arrivare a terra, è questo l’obiettivo mio». Qualche ora prima era stato Salvini a insistere sul tema dello scostamento. L’altra questione resta la politica estera, con Antonio Tajani che rimarca «noi di Forza Italia abbiamo sempre difeso lo Stato di diritto, la democrazia e la libertà». Un riferimento al voto sull’Ungheria del Parlamento europeo, dove FdI e Lega hanno difeso Orban. Interrogata sul tema, Meloni si spazientisce: «Io la campagna elettorale la sto facendo in Italia, mi fate parlare tutto il giorno dell’Ungheria. Ma secondo voi mi devo candidare in Ungheria?».

Ce n’è abbastanza perché qualcuno tra i dirigenti di FdI scorga l’ombra di una tenaglia. «Stanno facendo girare sondaggi farlocchi per mettere in discussione le ambizioni di Giorgia», dice uno dei fedelissimi della presidente prima che cominci il comizio. Meloni con i suoi non drammatizza, ritiene fisiologico che negli ultimi giorni di campagna elettorale ogni partito, specie quelli in difficoltà nei sondaggi come Lega e Forza Italia, cerchino di marcare il territorio. Fra quattro giorni i leader del centrodestra saranno a Roma sullo stesso palco per la manifestazione centrale della campagna elettorale. Lo sforzo più grande in piazza del Popolo sarà coordinare i comizi, operazione che non è così scontata a sentire le ultime uscite.

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