Guerini: “Con la destra isolati in Europa. Chi frena sulle armi aiuta Putin”

Carlo Bertini

ROMA. «Con la destra al governo, l’Italia rischia l’isolamento in Europa e un default dei conti come avvenne nel 2011 con Berlusconi». È perentorio Lorenzo Guerini, ministro della Difesa e leader di una delle aree più influenti del Pd. «Chi frena sugli aiuti all’Ucraina, non vuole la pace, ma la vittoria di Putin, questo è evidente».

Meloni difende Orban e rivendica le alleanze sovraniste: se fosse premier, l’Italia potrebbe essere messa ai margini della Nato? C’è questo rischio?
«Le scelte fondamentali fin qui sostenute dall’Italia ne hanno rafforzato la credibilità grazie a principi solidi e impegni concreti: difesa del fianco Est, rafforzando la difesa collettiva in Lettonia, Polonia, Ungheria, Bulgaria e Mediterraneo orientale, aiuto all’Ucraina, consolidamento degli interessi nel Mediterraneo allargato, rafforzamento delle partnership con i Paesi europei più propensi a costruire una forte difesa europea nella Nato. Incrinare l’insieme dei principi politici che sono alla base di questo sforzo collettivo può farci scivolare indietro e perdere terreno. Ed è un rischio che non si può correre: sarebbe andare contro l’interesse del nostro Paese».

Visti gli sviluppi sul terreno, la strategia di Europa e Nato è sperare nella vittoria dell’Ucraina o nella pace?
«È avere consapevolezza che una pace vera e giusta non può essere confusa con la resa dell’Ucraina. Per questo stiamo sostenendo Kiev, e continueremo a farlo fino a quando sarà necessario, per difendersi da un’aggressione sanguinaria e ingiustificata. Chi dice che non bisogna aiutare l’Ucraina per fermare la guerra in realtà non vuole la pace, ma la vittoria di Putin in spregio a tutti i principi del diritto internazionale e della convivenza tra i popoli».

Sull’invio di altre armi, la destra è divisa, ma anche voi. Se lei presenterà un decreto in Parlamento, la vostra coalizione con Verdi e sinistra si spaccherà, giusto?
«Il governo sta attuando gli indirizzi del Parlamento espressi a larghissima maggioranza. E continuerà a farlo. Anche nelle prossime settimane».

In questa ultima settimana di campagna elettorale, voi state dicendo che è cambiato il vento e la vittoria della destra non è più scontata. Perché? Cosa è cambiato?
«Nei tantissimi incontri di campagna elettorale a cui partecipo, anche ieri a Monza, vedo la denuncia dei rischi di una destra che ci allontana dall’Europa, che è una minaccia per i diritti per i quali ci siamo battuti. E consapevolezza che la vera alternativa a tutto ciò sia il Pd. Con i suoi valori e le sue proposte. È questo il voto utile. E questa consapevolezza sta crescendo».

Ma nella vostra campagna sembrate inseguire gli avversari. No alla flat tax, no al blocco navale contro i migranti. Perché non riuscite a imporre la vostra agenda di proposte?
«Noi parliamo di difesa della sanità pubblica. Di diminuire le tasse sul lavoro per dare una mensilità all’anno in più. Di impegnarci per la dignità del lavoro. Diciamo no alla Flat tax non per “inseguire la destra” ma perché è il contrario dell’equità e del principio secondo cui chi ha di più paghi di più e chi ha meno paghi meno. E sappiamo che se vince la destra, questo principio sarà messo in discussione da idee come queste che, oltre a scassare i conti, sono profondamente ingiuste e tradiscono lo spirito della progressività scolpito nella nostra Costituzione».

Chi sarebbe il vostro premier se doveste vincere?
«Capisco la domanda, lei mi vuole far partecipare al gioco del tirare la giacchetta a Draghi e non ci sto. Ma voglio sottolineare che il Pd, a partire da Letta, è stata l’unica forza leale fino in fondo con il presidente del Consiglio. E, anche ora, la più rispettosa a non strumentalizzarne il nome».

Quale sarebbe il vero pericolo per l’Italia se governerà la destra? Temete una deriva antidemocratica?
«Sarebbe il nostro isolamento in Europa, come si è visto al Parlamento europeo in questi giorni. Lascerebbero il Paese in ginocchio, come nel 2011 quando ci portarono sull’orlo del default. Le loro ricette non sono cambiate. E neanche gli chef».

Voi progressisti divisi in tre blocchi e voi del Pd sedotti e abbandonati dai Cinque stelle. Dove avete sbagliato?
«Il Pd si è dedicato alla costruzione di un’alleanza larga tra forze diverse per cultura politica ma che hanno governato insieme per rispondere alle esigenze del nostro Paese. E lo hanno fatto insieme, da Italia Viva ai Cinque stelle. Dopodiché, i fatti derivanti dalle loro scelte hanno fatto venire meno questa prospettiva. E il Pd è stato chiaro e unito su questo punto: chi si è assunto la responsabilità di far cadere Draghi, una figura autorevole e riconosciuta in tutto il mondo, non può essere un alleato per le elezioni. Punto».

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