La mobilitazione in Russia diventa retata, chi protesta viene reclutato
Più che una mobilitazione “parziale” e mirata, sembra una retata di dimensioni nazionali, e gli attivisti dalla Buriazia – la poverissima regione siberiana che ha uno dei tassi più alti di caduti in Ucraina – denunciano il reclutamento di interi villaggi, così come in Yakuzia, in Cecenia e in altre repubbliche di minoranze etniche non slave. Una autentica “pulizia etnica”, denunciano le associazioni locali, e molti buriati stanno fuggendo in Mongolia, esattamente come gli abitanti della parte europea della Russia che stanno aspettando in code chilometriche di poter varcare il confine con la Finlandia e con la Georgia. I pochi voli aerei per l’estero registrano il tutto esaurito per i prossimi giorni, nonostante biglietti che costano ormai migliaia di euro. I passeggeri in attesa negli aeroporti sono prevalentemente uomini giovani: al confine vengono interrogati, ma per ora vengono lasciati partire, mentre in alcune regioni russe i commissariati militari hanno già proibito ai maschi di viaggiare anche all’interno della Russia, con gli addetti ferroviari e la polizia stradale che controllano i documenti.
La mobilitazione viene utilizzata anche come punizione: molti manifestanti arrestati nelle proteste a Mosca si sono visti consegnare la convocazione in caserma. Un modo per eliminare i giovani, i più critici del regime, usandoli come carne da cannone, che però potrebbe rivelarsi un boomerang per Putin, che così mette armi in mano a quelli che più lo odiano. La maggioranza dei potenziali riservisti però per ora preferisce tentare la fuga, e le Ong offrono consigli e aiuto per evitare l’esercito. Chi non riesce a emigrare sta cercando medici o funzionari militari da corrompere, o almeno cambia casa per non farsi trovare. Nelle finestre dei commissariati militari cominciano a volare le prime bottiglie molotov, come chiesto anche da Navalny che dal carcere ha esortato i suoi sostenitori ad abbadonare la regola della non violenza. Anche Volodymyr Zelensky ha chiesto ai russi di ribellarsi: «Protestate, lottate, scappate. Oppure consegnatevi prigionieri in Ucraina», ha detto, ricordando ai russi che se sono arrivati a questo dilemma tragico è perché «avete taciuto, ma ora è il momento di scegliere».
LA STAMPA
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