Maestrina di gaffe

Paolo Guzzanti

Maestrina di gaffe

«Vedremo il risultato del voto in Italia, e se le cose andranno in una direzione difficile, noi abbiamo degli strumenti, come nel caso di Polonia e Ungheria». Nella mente di Ursula von der Leyen, che ha pronunciato queste parole, deve essere avvenuto un corto circuito. Si trovava nella prestigiosissima università americana di Princeton e aveva finito di pronunciare un discorsino sulla democrazia di tono medio-alto, come se l’avesse inventata lei, ignara del fatto che si fosse scatenata dentro di lei la metamorfosi della Maestrina dalla Penna Rossa. E così, quando una studentessa italiana le ha chiesto che ne pensasse di una possibile vittoria della destra in Italia, la von der Leyen non ha saputo contenersi e, onestamente, ha sbracato, dicendo quel che ha detto. Una gaffe molto grave e quasi imperdonabile, che poi ha cercato di aggiustare quando le hanno fatto vedere la marea di reazioni da tutto il mondo politico italiano, e non solo. Un disastro prodotto dall’imprudenza e da quel tanto di saccenza che la von der Leyen ha sviluppato nel suo ruolo. E poiché si è impegnata a redarguire quotidianamente la Polonia e l’Ungheria, Paesi dell’oriente europeo che facevano parte dei Paesi «satelliti» dell’Unione Sovietica, ha perso il senso della misura e della storia, trattando gli elettori italiani come discoli sotto tutela.

È stata una ingerenza? Sì, ma più che altro una scivolata verso la banalità che ha avuto l’effetto di provocare una condanna unanime in Italia, anche perché chi avrebbe teoricamente potuto approfittare delle sue parole ha preferito esprimere chi sdegno e chi fastidio. Tuttavia, le conseguenze della sua caduta di stile e goffaggine politica sono state utili per curare la tendenza di noi italiani a considerarci figli di un dio minore, o, come anche si dice, degli sfigati. L’Italia è una delle principali democrazie del mondo, perfettamente viva e gelosa delle sue prerogative e della sua storia, è un Paese leader e non può essere bacchettata dall’Europa, di cui l’Italia è un socio fondatore per i Trattati di Roma. Si possono riconoscere come attenuanti al brutto scivolone della von der Leyen una visione distorta del pettegolezzo autolesionista che le sinistre italiane in genere diffondono in Europa ed è possibile che la Presidentessa sia di malumore per l’assenza del Presidente Mario Draghi, che la difese dal presidente-sultano Erdogan quando negò a Ursula una sedia lasciandola in piedi. Draghi qualificò Erdogan come «uno di questi piccoli dittatori con cui bisogna pur convivere».

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