Giorgia Meloni: «Sul governo nessun compromesso»

di Paola Di Caro

La presidente di FdI agli alleati: «Risultati chiari, niente giochini». E intima ai suoi di evitare festeggiamenti: «Serve serietà». Lollobrigida evoca modifiche alla Carta: «Bella, ma ha 70 anni»

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È uscita solo per portare la figlia a scuola e per una seduta di allenamento in palestra per «abbassare un po’ la tensione». Perché Giorgia Meloni, premier in pectore, sa bene quante difficoltà d’ora in poi dovrà affrontare. Così, in queste ore, l’ordine dato ai fedelissimi è stato: nessun festeggiamento, compostezza e riserbo. Perché «il momento è talmente difficile che dobbiamo essere responsabili e seri». Anche per evitare sovraesposizioni pericolose, la leader di FdI con i suoi ha deciso la strategia di questi primi giorni: nessuna conferenza stampa auto-celebrativa «come avrebbe fatto chiunque avesse ottenuto un risultato straordinario come il nostro» o festa di piazza. E nessun affondo polemico: «La guerra civile di questa campagna elettorale va chiusa. Ci auguriamo nessuno si metta ad avvelenare pozzi, e magari che venga fatta un’opposizione responsabile, come la nostra».

Ma i problemi per Meloni potrebbero arrivare dalla crisi economica e dagli alleati. Sulla prima, Lollobrigida, Ciriani e Donzelli hanno spiegato che la leader sta già pensando alla prossima manovra, auspicando una collaborazione con Mario Draghi, visti i tempi ristrettissimi per varare la legge di Bilancio. Lo stesso Lollobrigida ribadisce la volontà di riformare in chiave presidenzialista la Costituzione, che «è bella ma ha anche 70 anni di età, sacrificava alla prudenza una maggiore efficienza».

Del governo Meloni ha ragionato con i fedelissimi: il calo di Salvini e le ambizioni di Berlusconi potrebbero portare a richieste ultimative. Lei è netta: i risultati del voto sono «chiari» e dovrebbero sconsigliare di creare grane. Ma, è l’avvertimento, «io non accetterò compromessi e non mi presterò a giochini». Non ci saranno cedimenti su punti del programma per realizzare promesse impossibili, e nemmeno su richieste di ministeri tali da creare problemi: «Siamo persone serie, offriamo massima collaborazione ma siamo arrivati fin qui e non vogliamo perdere la faccia. FdI non va al governo per far saltare il banco». Le condizioni per partire sono chiare: o si fanno «le cose perbene», o inutile andare al governo.

Non lo dice in pubblico Meloni, ma ipotesi come il ministero degli Interni per Salvini, o la presidenza del Senato per Berlusconi, non vengono considerate. Agli alleati si può concedere la presidenza a Palazzo Madama, alla Camera si vedrà, ma tutto dovrà essere «serio». A partire dal dicastero dell’Economia, che si pensa di affidare a un tecnico, magari non a Panetta per non scoprire il versante Banca d’Italia e Bce.

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