Le province rosse che hanno punito la nomenklatura

Non poteva venire, sempre con rispetto parlando, da Di Maio – in Emilia. Bibbiano sulla carta geografica resta dov’era, nella memoria pure. Lo spiega molto bene Achille Occhetto, che molti errori avrà fatto nella vita ma è in quella stagione in cui non c’è più niente da perdere a dire quello che pensi, le cose come ti sembra che stiano. Ha detto, in un’intervista a PolicyMaker che trovate online: la colpa del Pd è stata il governismo, il potere ad ogni costo. Riporto. «La sinistra deve capire che è meglio perdere con le proprie idee che governare con quelle degli altri. Ha dato l’idea di essere disposta a governare anche annacquandole o offuscandole. Che è cosa diversa dal fatto che in politica si fanno anche compromessi. I compromessi nobili sono quelli che uno fa se tiene ferma la propria identità, non se la perde».

Due cose, mi appunterei, se mi chiamassi Franceschini o Orlando, o Guerini o financo il prossimo pretendente alla segreteria, Bonaccini. Che certamente, se desiderano, possono deridere Occhetto per la sua vecchiaia triste solitaria y final, ma insomma ascoltare non fa mai male. Primo. Perdere con le proprie idee è meglio che governare con quelle degli altri. È seminare un orto, ché questo ora c’è da fare: non conservare le piante avvizzite o mezzo morte, ma farne crescere di nuove. C’è tempo, usarlo bene. Secondo: i compromessi si fanno, in politica, ma a vincere. A conservare la propria identità. Altrimenti sono cambiali da pagare, e si pagano.

Ora che già si parla, da ieri, del prossimo congresso – per esempio. Sarebbe molto bello che chi ha fatto quattro, sei o sedicimila legislature si accontentasse, per così dire, di dare consigli ai prossimi. Non pretendesse di collocare la famiglia e restare intanto al suo eterno posto, o gli assistenti parlamentari e gli allievi meritevoli usati come stagisti a tempo pieno, dunque da ricompensare. Non è così, non è più così che funziona. I figli e i nipoti dell’Emilia e della Toscana rosse lo hanno detto. Una, due, tre volte. Bisogna cambiare il modo in cui funziona il partito, non è sufficiente cambiare segretario. Non penserete mica, al prossimo congresso, di mettervi tutti in fila, nascosti dietro a una Elly Schlein o al “volto nuovo” del momento, per restare in sella. Come avete fatto in passato, con altri e altre giovani promesse ormai invecchiate, inglobate in questa o quella corrente pur di restare nella scia dei loro consensi così da far perdere anche a loro la credibilità, la freschezza, l’autenticità. Ve lo avevano detto. Si erano astenuti, alle regionali: non erano venuti. Non è stato chiaro. Hanno votato Meloni, allora. Se non basta, restano solo i disegni. Il dileggio, le scritte sui muri. Livorno, per le scritte sui muri, è famosa. 

LA STAMPA

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