I due grandi malati, Pd e Lega: i Dem crollati rispetto al 2008, il Carroccio perde 3,2 milioni di voti dal 2018

Il Partito Democratico: mille correnti, tante facce, poche idee
Mentre a destra gli alberi genealogici sembrano lineari e tutto sommato poco ramificati, la faccenda a sinistra è sempre stata più complicata. Nato a dicembre 2007 dalle ceneri dell’Unione di Romano Prodi, il Pd si è subito proposto come il grande partito che avrebbe riunito al suo interno i vari movimenti di sinistra balcanizzati che, dopo la diaspora del Pci e del Psi, avevano faticato a trovare una casa e assunse immediatamente il ruolo di maggiore forza politica all’interno del secondo Governo Prodi. Walter Veltroni, eletto segretario, l’anno successivo guida il partito alle elezioni, ma nonostante lo sforzo e l’alleanza con l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro si ferma dietro il Popolo delle Libertà di Berlusconi (partito in cui era confluito Alleanza Nazionale, antenato dell’odierno Fratelli d’Italia).

Quel secondo posto resterà il migliore risultato per il centrosinistra: nel 2013 si forma uno schema tripartitico: La lista “Italia, Bene comune” guidata dal Pd arriva prima con il 29%, superando il centrodestra, ma il primo partito sono i 5 Stelle creati da Beppe Grillo. La XVII Legislatura vede 3 governi, tutti a guida Pd: Letta, Renzi e Gentiloni.

Nel 2018 il centrosinistra subisce un’ulteriore flessione: il centrosinistra si ferma al 22%, M5S (ancora solo) sfiora il 33% e il centrodestra arriva al 37%. Il Pd va al governo dopo lo scisma di Salvini dell’estate 2019 e lì resta anche con l’avvento del governo Draghi.

Alle ultime politiche il Pd si è fermato al 19%, perdendo 860 mila voti in 4 anni e mezzo e Letta ha annunciato che non si ricandiderà al prossimo congresso che si terrà in primavera. L’ultimo gradino di un declino lento ma costante.

Le cause della debacle
Le motivazioni dell’emorragia di voti sono sempre dovuti a una serie di concause, ma ci sono delle ragioni che pesano di più. Nel caso della Lega questa causa è il segretario. Salvini guida il partito ormai da 9 anni e, se a lui si deve la grande ascesa, non ci sono altri imputati per il crollo. Il Pd, nella stessa unità di tempo, ha cambiato 5 segretari, pur non riuscendo mai a invertire la rotta, fatta eccezione per il mandato di Matteo Renzi, dove i dem intascarono il loro maggior successo di sempre alle europee con il 40,81%. Di base, il partito raramente ha preso posizioni o intrapreso forti battaglie politiche, e anche quando lo ha fatto le ha comunicate con scarsa efficacia.

In sostanza, nell’ultimo decennio entrambi i partiti hanno faticato a rinnovarsi: la Lega ha cambiato posizione molte volte mantenendo il segretario, il Pd ha cambiato molte vole il segretario mantenendo le posizioni. Ora entrambi sono a un bivio e dovranno ricostruire il proprio consenso. Il leaderismo non basta da solo, ma anche una grande base senza guida rischia di disperdersi.

LA STAMPA

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