Draghi, piena collaborazione per il passaggio di consegne. «Ma non faccio da garante»

di Monica Guerzoni

Nelle stanze di Palazzo Chigi si susseguono incontri per mettere a fuoco lo stato di avanzamento dei dossier, destinati ad approdare sui tavoli di Giorgia Meloni

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Fino al rito fulmineo e solenne della campanella, che segna il passaggio dal vecchio al nuovo governo, Mario Draghi farà il presidente del Consiglio. E continuerà a lavorare per il futuro del Paese, «non per il suo destino personale». Quando i suoi interlocutori internazionali gli chiedono «Mario, cosa farai dopo?», magari azzardando domande su possibili ruoli al vertice dell’Europa o della Nato, il premier italiano si cava d’impaccio con un «not interested in the job». Una formula secca per smentire ambizioni e «presunte candidature», visto che per tre o quattro settimane un lavoro ancora ce l’ha ed è nel suo ufficio di Palazzo Chigi.

In quelle stanze si susseguono incontri tecnici per mettere a fuoco lo stato di avanzamento dei dossier, destinati ad approdare sui tavoli di Giorgia Meloni e dei suoi ministri. Non si tratta di un vero e proprio team che faccia da raccordo tra il governo del prima e quello del dopo 25 settembre, ma di riunioni che vedono a capotavola il sottosegretario Roberto Garofoli e il capo di Gabinetto di Draghi, Antonio Funiciello. L’obiettivo è garantire quell’«avvicendamento ordinato» che molto sta a cuore a Draghi, per l’interesse generale e anche per non vanificare il lavoro fatto in un anno e mezzo su temi decisivi. Dalla tenuta dei conti pubblici all’attuazione del Pnrr, dal sostegno (anche militare) all’Ucraina ai provvedimenti per contenere la crisi energetica. Sulla battaglia per il tetto al prezzo del gas russo, ad esempio, il premier ha giocato di sponda per mesi con i leader dei Paesi alleati e negli ultimi due vertici Ue in agenda, Praga e Bruxelles, cercherà di intestarsi il risultato.

La transizione che Draghi sta preparando, in sintonia con gli auspici del Quirinale, sarà «ordinata, nell’ambito dei corretti rapporti istituzionali». Ma guai a pensare che il premier abbia siglato accordi con i partiti di centrodestra che hanno vinto le elezioni. Letti i giornali, ieri mattina l’ufficio stampa di Palazzo Chigi ha diffuso una nota molto politica per chiarire la linea: «Il presidente del Consiglio non ha stretto alcun patto, né ha preso alcun impegno a garantire alcunché». Parole nette, messe nero su bianco per spezzare l’idea di un legame che vada oltre i corretti rapporti istituzionali. E per spazzar via le voci di un possibile do ut des, che si vanno rafforzando nel mondo politico tra Roma e Bruxelles. È vero che Draghi si sta spendendo con leader del calibro di Macron e Scholz per accreditare e garantire il nuovo governo? E che Meloni gli avrebbe promesso il suo futuro appoggio per un incarico di peso all’estero?

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