Così il voto M5S si è travasato nel partito di Meloni: quei sei milioni in più a Fratelli d’Italia vengono al 30% da delusi 5 Stelle e al 33% da voto leghista
Jacopo Iacoboni
Le analisi dei flussi elettorali delle ultime elezioni generali, che hanno proiettato la leader di Fratelli d’Italia indiscutibilmente verso Palazzo Chigi, dicono alcune cose interessanti sulla natura del voto che ha fatto volare il suo partito. Secondo i dati Demopolis sui flussi, degli oltre 7 milioni di voti a Meloni: il 33% nel 2018 votò Lega, il 30% votò M5S, il 12% Forza Italia. Non è dunque vero che tutti i voti di destra M5S erano già tornati a destra (e che quindi il M5S sia certamente un partito e un elettorato “di sinistra”, magari alla Melenchon): quei voti di destra stanno tuttora tornando a destra.
Il M5S era/è in larga parte contiguo alla destra, ogni volta che si analizzano i flussi la cosa emerge. «Degli oltre 7 milioni di elettori odierni – sta scritto nel report dell’istituto -, 18 su 100 avevano già votato Fratelli d’Italia alle ultime Politiche. I dati più significativi sono costituiti dai voti in ingresso, non solo dall’area di centrodestra: 30 elettori su 100 odierni di Fratelli d’Italia avevano scelto nel 2018 il Movimento 5 Stelle, 12 Forza Italia. Il flusso più significativo proviene dal partito di Salvini: 33 elettori attuali su 100 della Meloni avevano optato per la Lega nel 2018». Secondo il direttore dell’Istituto Pietro Vento, per un terzo di elettori, Giorgia Meloni è apparsa «una leader più convincente negli ultimi 30 giorni di campagna elettorale». Il 18% indica che Giuseppe Conte li ha impressionati nella sua strategia (che ha consentito una per lui lusinghiera rimonta, al netto dei sei milioni di voti assoluti persi dal M5S dal 2018 a oggi), determinato una rimonta elettorale, concentrata in particolar modo nelle regioni del Sud. Il 9% è stato colpito dalla performance di Carlo Calenda.
Secondo questo studio, «sulle scelte di voto di oltre l’80% degli italiani, hanno inciso il partito o il leader; appena una minoranza del 16%, il 25 settembre, ha espresso una preferenza tenendo conto dei candidati presenti nel proprio collegio che, del resto, risultavano sconosciuti ai più anche nello stesso giorno delle elezioni». Ovviamente non possono essere dimenticati gli oltre 16 milioni di italiani che hanno scelto di astenersi domenica scorsa. L’affluenza del 64% è stata la più bassa mai rilevata dal dopoguerra. Con due motivazioni prevalenti: «delusione e sfiducia verso i partiti, al primo posto». E incapacità di incidere: «Per il 53% la politica non è più in grado da tempo di incidere sulla vita reale delle famiglie. Per il 44% queste elezioni erano scontate nel risultato, in considerazione del sistema elettorale e del netto vantaggio del Centro Destra, trainato da Giorgia Meloni».
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