Un superministro per rassicurare l’Europa

Gian Maria De Francesco

Un superministro per rassicurare l'Europa

Finora ha sempre opposto un cortese rifiuto, ma la premier in pectore Giorgia Meloni non ha perso le speranze di convincere Fabio Panetta, componente italiano dell’esecutivo Bce ed ex direttore generale di Bankitalia, ad accettare l’incarico di ministro dell’Economia dell’esecutivo di centrodestra. L’economista e banchiere, secondo quanto si apprende, preferirebbe mantenere la propria allure di civil servant anche per non restare escluso dalla successione a Via Nazionale del governatore Ignazio Visco il cui mandato scade l’anno prossimo. Meloni, però, non demorde e spera in un ripensamento, convinta che sia necessario insediare a Via XX Settembre una figura con una riconoscibilità internazionale in grado di confrontarsi con la Commissione europea, superando le tradizionali diffidenze di Bruxelles nei confronti dell’Italia.

Ecco perché un altro nome che è circolato nel ventaglio di possibilità è quello dell’ex ministro dell’Economia (2004-2005), Domenico Siniscalco, attualmente a capo della filiale italiana di Morgan Stanley. Illustre economista nonché ex direttore generale del Tesoro, l’economista è uno dei profili più autorevoli con il quale il nuovo governo di centrodestra potrebbe presentarsi per rassicurare i mercati sulle intenzioni serie dell’esecutivo. Anche Siniscalco, però, si sarebbe schermito. Il mantra ripetuto in questi giorni dal capogruppo alla Camera di Fdi, Francesco Lollobrigida, e dal responsabile economico, Maurizio Leo, è stato appunto «lo scostamento di bilancio è l’extrema ratio», temendo una recrudescenza della speculazione internazionale nei confronti dei Btp (ieri lo spread con il Bund è tornato sotto quota 250 a 243). Lo stesso Leo, esperto di diritto tributario e convinto assertore di una finanza pubblica prudentem è tra i candidati al ministero.

D’altronde, lo stesso ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha avvertito nella prefazione della Nadef che l’impennata del differenziale di rendimento con la Germania farà aumentare la spesa per interessi al 3,9% del Pil (circa 72 miliardi di euro). Di qui, secondo quanto trapelato da alcuni rumor di Palazzo, una velata proposta anche all’attuale inquilino del dicastero. Ma il rapporto di reciproca fiducia con Draghi ha determinato una risposta negativa.

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