Draghi-Meloni, strategia condivisa: “Sull’energia serve un fondo di solidarietà Ue”
Le probabilità di avere la meglio sono sempre più basse. Ma quella per lei resta l’unica speranza a cui aggrapparsi. Se la speranza svanisse, nel giro di poche settimane dovrebbe fare i conti con le conseguenze di quel fallimento. Da settimane i contatti fra Palazzo Chigi e la prima linea del partito della Meloni sono frequentissimi. Ieri mattina una dichiarazione di uno dei luogotenenti – Fabio Rampelli – aveva anticipato la posizione della Meloni citando la necessità di un fondo di solidarietà europeo. Se il fondo non nascerà, il nuovo governo dovrà fare da solo. Per affrontare la crisi, Berlino ha deciso di stanziare fino a 200 miliardi di euro. Non solo per dare sostegno a famiglie e imprese, ma anche per evitare il fallimento delle aziende energetiche colpite dalle oscillazioni dei prezzi del gas sul mercato dei derivati. «A loro gli si concede ciò che a noi verrebbe negato. Godono di una sostanziale immunità», dice una fonte ministeriale che maneggia i dossier energetici. Non solo: quel che ha stanziato la Germania vale tre volte tanto quel che l’Italia ha speso dall’inizio della guerra in Ucraina, quando però i tassi di interesse erano molto più bassi degli attuali. Dal momento in cui si insedierà, il primo pensiero della Meloni dovrà essere la Finanziaria per il 2023. Per uscire senza danni dall’inverno del ricatto russo occorreranno fra i quindici e i venti miliardi. Per fare di più, per investire quanto necessario a evitare una possibile recessione, la Meloni sarà costretta a tagli di spesa. Se scegliesse di fare nuovo deficit, i rendimenti dei titoli di Stato italiani salirebbero rapidamente, e finirebbero per metterle un cappio al collo prima di aver superato il primo Natale a Palazzo Chigi. Oggi più che mai, alla Meloni non resta che una responsabile continuità istituzionale a Draghi. A meno di non aprire un pericoloso fronte con tutta l’Unione, e correre il rischio di restare isolata.
LA STAMPA
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