I medici a gettone arruolati in chat senza controlli: «Guadagnano 3.600 euro in 48 ore»
di Simona Ravizza e Giovanni Viafora
La grande fuga dagli ospedali e il business delle cooperative. Ecco le offerte e i prezzi nella giungla di Telegram. «Ci sono colleghi che si spostano con i pullman. Con 3 o 4 turni prendono più di un assunto in ospedale»
Lo scorso marzo, in un ospedale del Bresciano, una giovane donna muore poche ore dopo aver dato alla luce il terzo figlio.
Uno dei medici che l’ha in cura, secondo un’autorevole testimonianza raccolta dal
Corriere
, è al lavoro da 36 ore.
Al momento non si può dire se la circostanza ha giocato un ruolo
diretto sul decesso; a stabilirlo dovrà essere la Procura, che sul caso
ha aperto un’inchiesta (7 i sanitari indagati).
Una cosa è certa: quel medico poteva stare lì dov’era anche dopo
tutto quel tempo, perché a differenza dei colleghi dipendenti
dell’ospedale — e quindi vincolati al rispetto degli orari — lui era lì come gettonista. Ovvero, come uno delle migliaia di professionisti che ogni giorno entrano negli ospedali italiani, ingaggiati da cooperative esterne su affidamento delle aziende sanitarie, per coprire i sempre più numerosi buchi d’organico.
Chiamati a gettone, che vuol dire pagati per un singolo turno (di solito 12 ore), in un campo sostanzialmente senza regole.
Risultato: oggi è possibile, magari spinti da necessità economiche,
cumulare anche più gettoni uno di seguito all’altro. Senza che nessuno
controlli. Come è successo in questo caso. Ma chi di noi si farebbe visitare da un medico in piedi da 36 ore?
Questa è solo una delle criticità emerse dalla nostra inchiesta
sul fenomeno dei gettonisti. Fenomeno ormai sempre più diffuso e che
sta cambiando radicalmente la fisionomia degli ospedali italiani alle
prese con organici ridotti all’osso. E che rappresenta, oltre a tutto
ciò che vedremo, innanzitutto un dispendio per le casse dello Stato: per
un gettone si arrivano a offrire fino a 1.200 euro a turno per singolo
medico, in sostanza più della metà della paga che uno specializzando
prende in un mese intero.
Ma perché si è arrivati a questa situazione? Chi
c’è dietro alle cooperative che fanno da intermediarie? E chi sono e
come vengono scelti i medici che finiscono in ospedale? Sono le domande a
cui abbiamo cercato di dare risposta per capire in definitiva, oggi,
chi ci cura.
I buchi negli organici
Si deve partire dai numeri (impressionanti) che riguardano la carenza di medici. Un fenomeno che si deve essenzialmente a tre ragioni.
Uno:
il turnover in Sanità bloccato per 14 anni (dal 2005 con il governo
Berlusconi 2 al 2019, con il Conte 1, che ha portato le assunzioni a un
+10%).
Due: una programmazione miope, se non proprio del tutto
errata, con contratti di specialità al ribasso per anni e mai tarati per
sostituire chi va in pensione, tanto che dal 2015 al 2020 i
pensionabili sono stati 37.800, a fronte di 24.752 specializzati pronti
per entrare nel servizio sanitario.
Tre: una clamorosa accelerata
delle dimissioni volontarie da parte dei medici ospedalieri, specie dopo
il Covid, dovuta a un peggioramento generale delle condizioni di
lavoro, con turni sempre più massacranti e un’aumentata conflittualità
con i pazienti.
Nel 2021 si sono registrati 2.886 licenziamenti
volontari: +39% rispetto al 2020. È un trend che, se confermato, porterà
a una perdita complessiva tra pensionamenti e licenziamenti di 40 mila
specialisti entro il 2024 (stima del sindacato dei medici Anaao).
Pages: 1 2