I medici a gettone arruolati in chat senza controlli: «Guadagnano 3.600 euro in 48 ore»
Il meccanismo
Qualcuno, però, in ospedale ci deve pure essere. Le aziende sanitarie, con le spalle al muro, si affidano alle cooperative: sono loro a garantire i medici pagati a gettone. Il problema riguarda soprattutto i Pronto soccorso, che sono i reparti più in crisi. Secondo un’indagine svolta per il Corriere dalla
Società italiana di medicina di emergenza e urgenza, guidata da Fabio
De Iaco, su un campione di 31 ospedali, oggi un paziente ha una
possibilità su 4 di essere assistito in Pronto soccorso da un medico di
una cooperativa. Ma nelle notti o nei weekend la proporzione può
arrivare a una su due.
Sembra un paradosso, ma trovare un medico per le cooperative non è difficile. Le aziende ospedaliere alle strette concedono bandi remunerativi, con requisiti di accesso spesso bassi (e in ogni caso ben lontani da quelli che vengono richiesti per un medico interno, che dev’essere quanto meno specializzato).
Esempio: l’ospedale Papa Giovanni XXIII, con uno dei Pronto soccorso
più importanti della Lombardia, e il cui nome ha fatto il giro del
mondo come uno dei primi avamposti della lotta contro il Covid, riesce a
risolvere la situazione affidandosi a una cooperativa. La determina è
la numero 233 del 4 maggio 2022 dal titolo: «Affidamento del servizio di
Guardia medica presso il Pronto soccorso della sede dell’Asst Papa
Giovanni XXIII. Durata 7 mesi dal 01.05.2022 al 30.11.2022. Spesa
complessiva presunta euro 183.382,50 Iva 5% compresa». La necessità è di
coprire 175 turni, durata 12 ore ciascuno, compenso 998 euro a turno. Il criterio di scelta, come è possibile leggere testualmente, è «il minor prezzo». Punto.
In questo contesto è facile per chi vuole sottrarsi a qualsiasi tipo
di vincolo di qualità espandersi a scapito delle cooperative che invece
investono in sicurezza, esperienza dei medici e legalità. È anche
semplice, per chi non sostiene questi costi, poter applicare prezzi
inferiori e così aggiudicarsi molti bandi di gara: si possono affidare
magari a neolaureati, cosa facile tra l’altro visto che negli ultimi
dieci anni sono rimasti esclusi dalle scuole di specialità 11.652
neolaureati, oppure a medici stranieri. A scapito naturalmente della
sicurezza dei pazienti.
Le offerte sui social
Incrociare la domanda con l’offerta è facile. Le cooperative mettono gli annunci sui loro siti, ma soprattutto sui social, come Telegram. Ci sono canali ad hoc, dove se si è medico ci si iscrive con un clic e si resta in attesa del gettone giusto.
Il Corriere
è riuscito ad avere accesso ad uno di questi canali, dove per
qualche settimana ha potuto osservare i messaggi in arrivo. Come questi:
«Qualcuno sarebbe interessato a coprire dei turni notturni codici
minori in provincia di Vicenza? Compenso 65 euro l’ora». E si specifica,
per chi non avesse inteso: «Facendo un semplice calcolo sono 4.680 euro per sei gettoni».
I messaggi sono decine al giorno.
Gli orari dei turni non sembrano un problema. Una società inserisce
l’annuncio per un posto di guardia diurna e notturna in una clinica
riabilitativa di Arezzo: «Compenso 420 euro a turno, possibilità di fare 24 ore o 48 ore consecutive (consentito dalla clinica)
e turni accorpati». Un altro ancora: «Cercasi medico da inserire in
organico per la copertura di turni diurni e notturni e per la gestione
dei codici minori del Pronto soccorso di Nuoro. Compenso 600 euro a turno di 12 ore più alloggio. Possibilità di accorpare turni per chi viene da fuori Regione».
L’accorpamento dei turni è considerato un benefit: «Ci sono medici trasfertisti che si organizzano in pullman, prendono 3 o 4 gettoni consecutivi lavorando fino allo stremo e poi tornano a casa con un bottino di 4-5.000 euro che basta per tutto il mese», ci riferisce un primario lombardo che chiede di parlare coperto dall’anonimato.
Il quadro è talmente stravolto che ormai si registrano casi
paradossali: l’ex direttore del Policlinico di Monza e poi viceprimario a
Paderno, Riccardo Stracka, 44
anni, si è licenziato, lasciando il posto fisso, e si è messo a fare il
gettonista per una cooperativa che si muove tra Lombardia, Piemonte e
Veneto. Dice di guadagnare il 60-70% in più rispetto a prima;
mentre la qualità di vita gli è radicalmente cambiata: possibilità di
organizzarsi. E i gettoni consecutivi sono solo uno dei problemi. Un
altro riguarda la continuità dell’assistenza: «Mi trovo in reparto ogni
sera un medico diverso», confida un altro direttore di unità complessa
della Lombardia. Senza parlare dei titoli: poche sere fa, uno dei principali Pronto soccorso di Milano era gestito da un medico dei trasporti (che certifica il rinnovo delle patenti). Finito il lavoro in azienda, è andato a prendersi il gettone da 1.200 euro.
Chi arriva in corsia?
A
presidiare sulla qualità dei medici mandati in corsia sono le
cooperative stesse, alla serietà delle quali è affidata la valutazione
dei curricula. Ed è una giungla.
Nessuna norma del ministero della Salute impone ai direttori
generali degli ospedali le regole da seguire per stilare i bandi di gara
per esternalizzare alle cooperative, per cui ciascuno può fare
praticamente quel che vuole. Basta spulciare i bandi degli ultimi mesi
per accorgersi che le cooperative operano in un mercato assolutamente
fuori controllo. Promessi professionisti d’eccellenza, nessuna certezza
su chi davvero arriva in corsia.
Un altro aspetto rilevante è quello delle garanzie fideiussorie
(bancarie o assicurative) che quasi nessuna Asl si prende la briga di
controllare. «Conosco ditte che hanno presentato fideiussioni di
sconosciuti enti stranieri e di Asl che, dopo aver revocato gli appalti,
hanno grossi problemi a incassare le garanzie», ci dice il dirigente di
una delle più importanti cooperative che operano nel Nord Italia. «E
molte Asl non si prendono neanche la briga di consultare il casellario
Anac sull’Anticorruzione per verificare che le ditte non abbiano avuto
problemi».
Salute e affari
A spulciare tra le varie cooperative le sorprese non mancano. Una delle più attive, con appalti in decine di ospedali tra la Lombardia e l’Alto Adige (e un giro di un centinaio di medici) è per esempio la Medical Service Sudtirol. Dietro al gruppo costituto nel 2018 «con l’obiettivo — come si legge sulla modesta pagina web — di fornire professionisti della Sanità idonei a colmare il fabbisogno di personale», c’è una persona sola, il dottor Jamil Abbas, origini libanesi, da anni trapiantato a Bolzano dove lavora come libero professionista in Pronto soccorso. Le due società che operano dietro alla Medical Service sono intestate una alla moglie, l’altra al figlio 23enne (attiva dal 2021). Addetti: uno.
Stranezze, come quella che riguarda la Venice Medical Assistance, gestita da marito e moglie, Carla Pirone e dal medico Pietro Piovesan. I messaggi con i loro annunci appaiono nelle chat dei medici: lo scorso maggio a un gettonista venivano offerti 90 euro all’ora per un posto al Pronto soccorso dell’ospedale Santorso di Vicenza. Peccato però che l’ospedale avesse l’appalto con il colosso Anthesys di Treviso (cooperativa da 390 dipendenti). Chi controlla, quindi, a chi viene affidato che cosa? «È stata un’ingenuità, avevamo semplicemente rilanciato un messaggio per conto di una persona — ci ha detto al telefono Pirone —. Noi ci occupiamo di altro». In realtà, sulle chat dei medici, nel periodo da noi osservato, ci sono altri annunci della Venice Medical Assistance. Vedi quello del 6 agosto per «turni presso il Pronto soccorso di Conegliano». Gettone: 59 euro all’ora.
Così gli affari per le cooperative, che di solito su ogni turno trattengono una percentuale che va dal 7 al 15%, vanno a gonfie vele. La stessa Anthesys ha indicato nel 2021 ricavi quasi raddoppiati: 14 milioni di euro contro gli 8,8 del 2020. Utile 234 mila euro contro i 92 mila dell’anno precedente.
«Il continuo ampliamento dei servizi — si legge sul bilancio — ha portato un incremento dell’attività di oltre il 64% con punte di 90 rispetto all’anno precedente». E lo stesso vale per la Medical Service Sudtirol: nel 2021 i ricavi hanno toccato 1,4 milioni di euro (+30%) con un utile di 178 mila euro. «L’esercizio è stato caratterizzato da un incremento di ricavi di prestazioni di servizi, addirittura sorpassando notevolmente i risultati degli anni precedenti».
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