Putin imbocca la via senza ritorno: il concertone rock, la folla adorante
di Fabrizio Dragosei
Migliaia di persone osannanti, portate sulla piazza Rossa con autobus speciali per il discorso di Putin. Ma nel resto del Paese continuano le fughe per evitare il richiamo
Tutto come nel 2014: stessa piazza, stesso rock patriottico, solo che ogni cosa questa volta è più in grande, più «assoluta». Se allora sembrava che, dopo l’annessione della Crimea, Mosca avrebbe dovuto subire un certo isolamento per un determinato periodo di tempo, adesso è chiaro a tutti che quella imboccata è una strada senza ritorno . La rottura è definitiva e per questo il sostegno al grande leader deve essere totale, illimitato. Così gli schermi che rilanciano gli artisti sul palco si estendono ben oltre la chiesa di San Basilio, fino al lungofiume. Migliaia e migliaia di persone osannanti, portate sulla piazza Rossa con autobus speciali direttamente dalle scuole, dalle fabbriche, dagli uffici comunali e dai ministeri. Secondo siti di opposizione, pagati anche 20 euro a testa per apparire su tutte le tv nazionali e internazionali. Nell’attesa della comparsa di Putin che ripete i concetti già espressi al Cremlino: «L’Occidente è in guerra con noi e continua a cercare di farci a pezzi, come già fece con l’Urss nel 1991. Ma la Russia compatta non si fa intimorire». Per poi invitare tutti a lanciare tre hurrah per i combattenti.
Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina
Come nel 2014, anche se tutto oggi è diverso. L’annessione trionfale della penisola che negli anni Cinquanta Krusciov aveva staccato dalla repubblica russa per annetterla a quella ucraina («tanto siamo tutti sovietici») è un pallido ricordo. Le sanzioni che otto anni fa iniziavano a colpire solo alcune aziende e i personaggi più in vista, adesso si sono allargate all’intera nomenclatura. La bella vita nella disprezzata Europa e negli odiati Stati Uniti finisce anche per i rampolli dei fedelissimi di Putin. Quelli che erano certi di non essere mai chiamati a scontare le vere o presunte colpe dei padri. Dopo la figlia del portavoce Peskov, ecco che tocca al rampollo di Medvedev, il più falco dei falchi; alle due figlie del ministro della Difesa Shoigu e alle due di Zolotov, capo della Rosgvardia. Poi la giovane Sobyanina (il padre è il sindaco di Mosca), i ragazzi Mishustin (primo ministro), eccetera.
Ma loro, almeno, non dovranno comunque andare al fronte, come ha dimostrato la telefonata fasulla registrata con il figlio di Peskov il quale era assolutamente certo che la chiamata alle armi non potesse riguardare proprio lui. Gli altri, invece, al fronte ci devono andare e pare pure di corsa. E non «dopo adeguato addestramento», come promesso. Si dice che centomila richiamati siano già arrivati in Ucraina, anzi in quelle che da ieri sono le nuove terre acquisite dalla Russia. E il timore che qualcuno esprimeva ieri sera era che alla fine del concerto nelle strade adiacenti alla piazza Rossa ci fossero squadre di reclutatori pronti ad acciuffare i ragazzi.
Giovedì lo speaker della Duma Volodin aveva invocato la chiusura delle frontiere, salvo poi fare marcia indietro. Così chi non ha ancora ricevuto la cartolina-precetto (per loro è vietato uscire dal Paese) continua a correre verso i pochi Stati confinanti ancora aperti: Georgia, Mongolia, Kazakistan, Norvegia.
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