Sorella d’Italia, sarai Evita Melòn o la Thatcher de noantri?

Da umili esegeti, cerchiamo indizi tra le avare sortite della Presidentessa non ancora incaricata. Non troviamo granché. Per lo più formule ambigue. “E’ finita la pacchia”, qualunque cosa voglia dire. Oppure, ancora ieri di fronte alla platea agricola, “l’Italia torni a difendere i suoi interessi”. Può voler dire niente: che so, uno slogan multiuso, per tenere buoni gli “arditi” che ancora si illudono di dover per spezzare di nuovo le reni a qualche perfida Albione. Ma può voler dire tutto: per esempio, visto che quei tedeschi cinici e incapaci di rompere il cordone ombelicale con la Russia si fanno un loro Super-Recovery da 200 miliardi, mandando in vacca l’Unione e i suoi tentativi di fissare un prezzo comunitario al tetto del gas, allora anche noi facciamo per conto nostro, con tanti saluti all’Europa unita contro il macellaio di Mosca. E a questo punto avrebbe persino qualche ragione a farlo o a pensarlo, Meloni, di fronte a una mossa arrogante e destabilizzante come quella del Cancelliere Scholz, che rischia di suonare come un “liberi tutti” a Bruxelles e di spingere le destre irredentiste del Continente (a partire proprio da quella tricolore) a sposare il Patto di Visegraad invece che il Manifesto di Ventotene.

Per ora Meloni sembra resistere a questa deriva. Lo prova il comunicato di fuoco col quale condanna l’Anschluss russo delle province ucraine, denunciando “l’imperialismo di stampo sovietico” e “la minaccia alla sicurezza dell’intero continente europeo”. Una “lezione amerikana”, valida anche per i pupazzi prezzolati dal Cremlino che le abitano in casa e che reclamano poltrone e strapuntini.

A questo punto, una prospettiva possibile è che la Sorella d’Italia abbia compreso la portata del “vincolo esterno” che inchioda il Paese al suo ruolo e al suo compito, al suo sistema di alleanze e alla sua comunità di destino, ma che alla fine protegge l’interesse nazionale meglio di qualunque altro scudo auto-prodotto. Se così fosse, da qui discenderebbero scelte conseguenti nella formazione del governo, dove la “struttura” sarebbe garantita attraverso i quattro ministeri-chiave affidati a mani sicure, grazie soprattutto alla moral suasion del Capo dello Stato, e dove il Viminale sarebbe naturalmente precluso al “putiniano” Salvini. Ma da qui deriverebbero anche scelte contundenti nell’azione di governo, dove le “sovrastrutture” potrebbero subire parecchie torsioni, magari per compensare su altri fronti l’ansia della vecchia destra “di lotta” di piantare le sue bandierine identitarie: i diritti civili, la cittadinanza e il fine vita, le unioni gay e l’aborto, la salute e la sicurezza. La Grande Italia, in questo modo, somiglierebbe un po’ alla Piccola Polonia. Toccherà a Meloni gettare la maschera. E far capire ai cittadini se vicino alla finestra serviranno davvero i sacchi di sabbia, o magari basteranno solo i vasi di fiori.

LA STAMPA

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