Vola il dollaro, tremano le monete del mondo: l’ombra del grande crac agita le banche centrali

Stefano Lepri

Tremano molte valute, in questi giorni, anche di paesi importanti. O forse no, non tremano nemmeno tanto, per tutte le tensioni che erompono sui mercati finanziari in una fase di tassi di interesse in veloce rialzo che parte dagli Usa che ha cancellato un quinto del valore capitale dei titoli. Vengono a galla tutte le debolezze del globo. Mentre il dollaro continua a rafforzarsi (+5,5% da ferragosto su un insieme bilanciato delle altre valute) sono intervenuti a sostegno della loro valuta Giappone, India, Singapore, Corea, Thailandia. Nell’Europa fuori dall’euro soffre la Svezia. Ma nel commercio mondiale di oggi il fattore cambio incide molto meno che in passato. Anni fa la tempesta si sarebbe scatenata lì, oggi forse no.

Tocca così domandarsi dove altro si manifesterà la prima frattura, data la quantità di fattori di rischio che preoccupano il Fondo monetario e la Banca dei regolamenti internazionali. Si sa già di Paesi emergenti che faticano a rimborsare i creditori eppure spesso le crisi si accendono inaspettate dal centro. Ieri una banca di peso mondiale, il Credit Suisse, ha dovuto smentire difficoltà.

La crisi improvvisa della sterlina, che fra l’altro ha messo a nudo la fragilità di fondi pensione mal regolati, è stata un avvertimento; e in Gran Bretagna resta troppo alto il mercato immobiliare. In altri casi potrà succedere che politiche sbagliate si rivelino subito tali; o che alla fine si provino tali alcune da tempo sospette, come quelle dell’Argentina o della Turchia.

Il continuo calo delle quotazioni di Wall Street nell’ultimo trimestre, per un complessivo -5,4%, ha ridotto un importante fattore di pericolo senza cancellarlo. D’altra parte, le Borse dei Paesi emergenti sono precipitate in media oltre il 25%. Ovunque aver debiti costa molto caro: ci si domanda quali operatori possano aprire con le loro difficoltà un processo a catena.

Dappertutto gli errori vengono a galla. Con i tassi alti della stretta monetaria anti-inflazione (cominciata in alcuni Paesi emergenti prima degli Stati Uniti) soffre chi ha preso a prestito per sopravvivere sia chi lo ha fatto per espandersi oltre misura. Per conto chi la stretta monetaria l’ha evitata si trova con l’inflazione fuori controllo, attorno all’80% sia in Argentina sia in Turchia.

Ma accade anche che a causare problemi sia l’opposto, come in Giappone dove di alzare i tassi non c’è bisogno perché l’inflazione è ancora bassa, e allora i capitali fuggono altrove a cercare rendimenti migliori. Mentre fra i Paesi emergenti troppo indebitati ce ne sono alcuni come Sri Lanka e Zambia che la Cina ha finanziato a piene mani per la «Via della seta»

Nella tempesta, in quali navi le falle si apriranno prima? Gli alti prezzi dell’energia e la guerra in Ucraina impongono di aggiustare con urgenza scelte che erano parse ottime finora. Basti pensare che tre quarti delle imprese italiane impegnate nel commercio internazionale hanno dichiarato a Intesa-Sanpaolo che rivedranno le loro catene di fornitura a scopo di maggiore sicurezza.

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