Vola il dollaro, tremano le monete del mondo: l’ombra del grande crac agita le banche centrali
C’è poi la Cina che rallenta a causa della sua politica di «zero Covid» probabilmente velleitaria, certo tesa a nascondere che il vaccino prodotto dalla tecnologia nazionale non funziona; al di là di questo, si teme comunque una svolta strutturale, per cui i tassi di crescita del Pil degli ultimi due decenni non si ritroveranno più.
Tornano in voga vecchie verità che si era pensato di trascurare. Solo ora la Gran Bretagna scopre di essere diventata più debole con la Brexit, e che l’avere Londra come importante centro della finanza mondiale non consente di far debiti sregolati se si hanno già un forte deficit di bilancio e i conti con l’estero in disavanzo costringono a una continua importazione di capitali.
L’Italia è protetta dall’euro, eppure le difficoltà finanziarie potrebbero farsi sentire, come a sorpresa ha avvertito quattro giorni fa l’Esrb, l’organismo incaricato di monitorare i rischi. L’allarme è stato poi ripetuto dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco in due successivi discorsi, a Firenze venerdì e a Lanciano sabato.
Si teme che qualcosa di grave possa succedere, non si sa che cosa né dove. Il dollaro si è rafforzato perché l’economia statunitense continua a creare lavoro nonostante il rialzo dei tassi; però qualche primo annuncio di riduzioni di personale compare, e i prezzi delle case stanno cominciando a scendere. Se l’inversione di tendenza divenisse brusca, tutto il mondo avrebbe paura.
Per ora la salita dei tassi continuerà. La Federal Reserve americana insiste, pur se venerdì la vicepresidente Lael Brainard ha ammesso il rischio di fare danno ad altri Paesi, specie gli emergenti più deboli. Pur nelle consuete sfumature fra «falchi» e «colombe» tutte le banche centrali ritengono che non vi sia alternativa alla medicina amara dell’alto costo del denaro. La frenata è indispensabile, dicono, anche se si rischia di sbandare.
LA STAMPA
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