Matthew Kroenig: “Putin non userà la bomba atomica, sa che sarebbe la sua fine”
Alberto Simoni
CORRISPONDENTE DA WASHINGTON. La scorsa settimana Matthew Kroenig ha indirizzato un «memo» al presidente Biden. Analizzava per l’Atlantic Council le opzioni Usa nella deterrenza alla minaccia nucleare di Putin. E quel che ha suggerito, da analista con una esperienza decennale e assai fresca ai massimi livelli del Pentagono e nella comunità dell’intelligence, è stato riassunto dal messaggio che Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale di Biden, ha inviato al Cremlino: «Se usate il nucleare le conseguenze saranno devastanti».
Putin sta ricorrendo alla minaccia nucleare. Come dovrebbe reagire Washington?
«Finalmente
il messaggio che l’Amministrazione ha recapitato è perfetto. E Sullivan
ha aggiustato il tiro rispetto alla posizione precedente, quando John
Kirby, che è il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale,
aveva detto che le conseguenze sarebbero state devastanti anche per la
Russia poiché la nuvola radioattiva si sarebbe concentrata anche sopra
il territorio di Mosca».
Perché era una risposta che non la convinceva?
«Non credo a Putin interessi qualcosa se a morire saranno i cittadini russi. Serviva un altro linguaggio».
Allora, che cosa deve fare l’America?
«Innanzitutto,
deve minacciare pubblicamente serie conseguenze in caso di ricorso da
parte russa al nucleare. Quindi deve prepararsi a colpire con azioni
militari convenzionali le forze russe se la deterrenza dovesse fallire».
Crede che Putin sia disposto a ricorrere alle armi atomiche?
«Il Cremlino sventola la minaccia atomica da febbraio. Non l’ha ancora messa in pratica».
Perché?
«Non certo perché pensa sia moralmente
ingiustificabile, Putin teme che questo innescherebbe una guerra contro
gli Usa e la Nato. E la vuole evitare».
Quali piani di deterrenza sta studiando il Pentagono?
«Il
fatto che l’Ucraina non è un membro della Nato apre scenari in parte
inesplorati. Nessuno lo scorso anno pensava a come ricorrere alla
deterrenza in caso di guerra nucleare in Ucraina».
Ma ora che l’ipotesi non è da scartare cosa succede?
«Al
Pentagono l’ufficio strategico e quello politico stanno valutando un
ventaglio di opzioni: dalla risposta nucleare a quella convenzionale,
sino alle sanzioni. Si valutano pro e contro. Si individuano gli
obiettivi da colpire in caso di opzione militare. Ma poi tutto finisce
sul tavolo del presidente. Il Pentagono raccomanda, Biden decide».
Qual è la strategia del presidente allora?
«Questa
Amministrazione ha usato sin dall’inizio l’intelligence e la diffusione
mirata di alcune informazioni sensibili come uno strumento di
deterrenza. Credo che dinanzi all’ipotesi concreta di ricorso a missili
atomici, Biden ripeterebbe il “don’t do it”, non farlo, mescolando
avvertimenti pubblici e privati per Putin».
È possibile capire se e quando una rampa di
lancio missilistica sia caricata con missili a testata nucleare? E
quanto tempo c’è fra questa scoperta e un eventuale contrattacco?
«Per
prima cosa, non c’è nessuna garanzia che la Cia possa vedere e scoprire
gli spostamenti e il caricamento di armi. Il motivo è che i russi hanno
una artiglieria in grado di lanciare sia missili convenzionali sia con
piccola testata nucleare. Quale dei due viene sparato lo si scopre solo
al momento della detonazione. E se anche con una buona intelligence si
scoprisse, il tempo di volo fra Russia e l’obiettivo in Ucraina è
questione di pochi minuti».
Gli ucraini vorrebbero artiglieria più potente, razzi a gittata più lunga. L’Amministrazione frena, perché?
«Biden
vuole far di tutto per evitare l’escalation. Ritengo invece che
dovremmo dare a Kiev tutte le armi più avanzate che servono. Ragionare
sui chilometri di range è una questione arbitraria. Ma non regge a
quanto accade sul campo».
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