Meloni vede Cingolani, asse sulle bollette: “Stop agli speculatori, prezzi giù in tre mesi”. Ecco il piano
Luca Monticelli
Con gli stoccaggi già al 91% e l’apporto del gas algerino, l’Italia ce la farà a passare un inverno caldo? La risposta è «forse». Sia il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, sia l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, non possono assicurare che nei primi mesi del 2023 il Paese avrà abbastanza metano per riscaldare le abitazioni e garantire la produzione industriale senza dover ricorrere al razionamento.
La questione energetica è al centro dei pensieri della premier in pectore Giorgia Meloni, che ieri ha incontrato proprio Cingolani alla Camera. Sul tetto al prezzo del gas, la leader di Fratelli d’Italia è in continuità con il governo Draghi: «La crisi è europea e come tale deve essere affrontata, azioni di singoli Stati tese a sfruttare i propri punti di forza rischiano di interferire nella competitività delle aziende e creare distorsioni nel mercato unico», dice a proposito della Germania che ha stanziato 200 miliardi contro i rincari. La priorità è «contrastare la speculazione» ribadisce Meloni che sta studiando un intervento sulle bollette per arginare i costi «nei prossimi tre mesi». Per fronteggiare le difficili sfide che l’Italia ha davanti, sottolinea, «è necessario lavorare tutti insieme».
Intanto le bollette volano. La crescita del 70% si traduce in «una maxi-stangata da 2942 euro su base annua a famiglia solo per il gas. Un rincaro del 117% rispetto all’ultimo trimestre del 2021», lancia l’allarme Assoutenti.
Il price cap sul metano resta la stella polare del governo uscente, che propone a Bruxelles di definire un indice europeo con l’obiettivo di ottenere un prezzo che oscilli tra un minimo e un massimo, e che sia agganciato a listini più stabili come l’Henry Hub americano e il Jkm asiatico.
Per il fabbisogno quotidiano continua però a giocare un ruolo fondamentale quel 10% di gas russo che arriva a singhiozzo. Se Putin chiudesse i rubinetti, l’Italia dovrebbe sperare in un inverno mite, e subirebbe comunque uno choc economico, con un drastico taglio della crescita nel 2023. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia, teme un inverno tutt’altro che tranquillo: «Se ci saranno molti giorni freddi e il consumo aumenterà, a fine febbraio potremmo essere costretti a razionare il gas».
Secondo una ricerca del fondo di investimento Algebris, un completo blocco del gas di Mosca sarebbe «estremamente sfavorevole», anche perché finora l’Italia non si è preoccupata di risparmiare metano. Nei primi sei mesi del 2022 il consumo è calato solo del 2% rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre è addirittura aumentato dello 0,7% in confronto al 2019. L’Agenzia internazionale dell’energia conferma che «senza una riduzione della domanda di gas, qualora la Russia interrompesse le forniture, gli stoccaggi arriverebbero a meno del 20% a febbraio».
Lo spettro del razionamento torna perciò ad aleggiare nel dibattito pubblico italiano. Se si osservano i dati del 2020 sui volumi di gas naturale distribuiti nelle regioni, emerge come sia il Nord del Paese il maggior indiziato a subire un razionamento con effetti più pesanti. Tanto per fare un esempio, la Lombardia consuma quasi cinque volte il gas della Sicilia o del Lazio e quasi quattro volte quello della Puglia. Se si sommano i numeri di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte si ottiene più della metà del gas naturale che viene distribuito in tutta Italia.
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