Il piano Meloni per il governo: senza intesa sui nomi, pronta una sua lista. Il nodo resta Salvini
I tormenti e gli obiettivi della leader di Fratelli d’Italia: questo è un appuntamento con la storia, non dormo la notte. L’idea di trovare la quadra entro metà della prossima settimana
A volte ci scherza su: «Sono 30 anni che faccio politica, che lavoro per portare il mio partito a vincere, arrivo all’appuntamento con la storia — perché per la destra questo è un momento storico — e nel mondo succede di tutto e di più…». Ma anche se prova a sdrammatizzare Giorgia Meloni, la verità è che — confessa — per le preoccupazioni «non dormo la notte».
Per quello che dovrà affrontare, con molta probabilità subito dopo il vertice europeo del 20 ottobre dove dovrebbe andare Draghi a rappresentare il governo.
Lei si affida alle decisioni del capo dello Stato, non fa pressioni, ma nei ragionamenti con i suoi emerge come la cosa più opportuna per il bene del Paese sia che chi ha istruito tutti i dossier sulla crisi energetica vada a far valere la posizione italiana ai tavoli. Poi, toccherà a lei.
D’altra parte, con il governo uscente i rapporti sono molto buoni,
come «dovrebbe essere in una democrazia matura: non ci si fanno i
dispetti, non si fanno sgambetti». E Draghi, lo dice senza nascondersi, è
stato «più che corretto». Il che non significa che lei sia diventata
«draghiana: siamo solo persone serie che si comportano seriamente».
Qualche ministro poi l’ha davvero conquistata. Come Roberto Cingolani, che lei considera «intelligente, capace, generosissimo». Non è un mistero che vorrebbe restasse al suo posto, ma lui ha declinato l’invito. Meloni però non si arrende: in qualche modo, magari come consulente, farà di tutto per tenerlo legato a Palazzo Chigi.
Anche altri le hanno offerto aiuto, guarda caso i più vicini a Draghi: Colao, ma anche Guerini.
I ministri politici invece non hanno avuto gli stessi slanci,
raccontano. Ma adesso è tempo di guardare avanti. Con un avvertimento
però, rivolto anche ai suoi: non è disposta a farsi imporre nessuno e non si farà condizionare da musi lunghi o diktat o beghe di partito.
Se non si troverà la quadra entro metà della prossima settimana, è pronta anche ad andare con la sua lista dal capo dello Stato e poi presentarsi in Parlamento : chi ci sta bene, chi non vuole votarla non lo faccia e arrivederci. Lei governerà solo con una squadra di sua fiducia e alto profilo, altrimenti tanto vale non cominciare nemmeno.
Il nodo più complicato resta quello del ruolo di Salvini. Lei è stata chiara con lui: sarebbe bene evitare che magari il Quirinale blocchi la nomina del leader leghista al Viminale, sarebbe un inizio brutto per entrambi. E a quanto trapela, al Colle si preferirebbe evitare
che un ruolo così delicato venga affidato a un segretario di partito.
Meloni d’altronde teme che, se le piazze diventassero calde, ministri
molto caratterizzati potrebbero diventare un problema per la gestione dell’ordine pubblico.
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