La risposta comune che serve

Invece poi nel 2020 la risposta comune arrivò — con il Recovery e gli acquisti dei vaccini — quando a Berlino si capì che l’area euro altrimenti rischiava di finire in pezzi. Ora, in questa crisi dell’energia, siamo probabilmente allo stesso punto. Paolo Gentiloni e Thierry Breton, commissari Ue per Italia e Francia, propongono un fondo comune per prestiti agevolati ai Paesi simile al primo che fu lanciato con la pandemia. Il fondo finanzierebbe la cassa integrazione delle imprese chiuse dal caro-energia: sarebbe il primo segnale che in Europa i problemi delle persone comuni stritolate in questa guerra economica sono compresi e che lassù in cabina di pilotaggio qualcuno c’è.

Intanto ieri sera i ministri dell’Energia di quasi tutti i Paesi europei — Germania inclusa — si sono riuniti riservatamente in videoconferenza per gli ultimi ritocchi ai dieci punti sui quali chiederanno a Bruxelles di lavorare. Già questo è un miracolo, perché litigavano furiosamente fino a pochi giorni fa. Invece stamattina chiederanno insieme alla Commissione Ue di progettare un tetto al prezzo del gas di tutti i fornitori (non solo la Russia), all’ingrosso, valido anche sui contratti in vigore (non solo su quelli futuri), flessibile e non così basso da creare problemi di approvvigionamento. È qualcosa che l’Italia chiedeva da mesi e entra nell’agenda comune solo ora perché, come nel 2020, ormai tutti capiscono che l’Europa rischia di non tenere più. Forse non basterà, va messo alla prova: ma è un atto di volontà politica per respingere le pressioni di Putin e difendere i cittadini europei. Per Mario Draghi e il suo ministro Roberto Cingolani significa avvicinarsi a un obiettivo inseguito a lungo. Per il prossimo governo italiano, è una staffetta che sarà possibile raccogliere solo garantendo in Europa il massimo di competenza e di credibilità.

CORRIERE.IT

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