Il derby Panetta-Franco per Bankitalia dietro l’impasse sul ministero del Tesoro
Ieri l’agenzia Bloomberg ha dato conto, non smentita, di una conversazione di Panetta in Lussemburgo, durante l’Eurogruppo, dove avrebbe categoricamente smentito di voler accettare l’incarico al Mef. Meloni spera sia una telefonata del presidente Sergio Mattarella a convincerlo, più che le voci fatte trapelare di una improbabile vendetta della futura premier, a cui spetta la nomina del futuro governatore. Tra le argomentazioni che invece Panetta ha usato in privato per motivare il suo rifiuto c’è anche il rischio per l’Italia di perdere un posto nel board della Bce, fondamentale in questo momento di crisi in cui è forte la spinta dei falchi tedeschi e del Nord a rialzare i tassi di interesse per frenare l’inflazione. Tra le ragioni di questa strenua resistenza a Meloni c’è poi certamente la poca voglia di entrare nell’agone politico in mesi che saranno duri, con prezzi alle stelle e a un passo dalla recessione, in un governo dove c’è un leader, Matteo Salvini, che chiede scostamenti di bilancio e flat tax. Ma soprattutto c’è la paura che la finestra per Banca d’Italia potrebbe chiudersi per sempre. Panetta ha costruito una vita intera in attesa di quel momento, di quella nomina. Si è occupato di politica monetaria, vigilanza, pagamenti (ora, in Bce, sull’euro digitale), le tre funzioni istituzionali che compongono il profilo del perfetto banchiere centrale. Ha avuto poco a che fare con la finanza pubblica, sicuramente molto meno di Franco che è invece uno dei massimi esperti italiani, a sua volta molto amato -conferma una fonte che ha lavorato con lui – in Via Nazionale: «Dove lo riaccoglierebbero a braccia aperte» spiega. Sarebbe curioso se uno, nelle vesti di ministro, dovesse nominare l’altro governatore, di concerto con la premier. Difficile che accadrà. È probabile che uno dei due finirà in Banca d’Italia, meno lo è che l’altro andrà al Tesoro.
LA STAMPA
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