Cosa c’è dietro lo schiaffo dell’Arabia Saudita a Biden, sul petrolio?

di Federico Rampini

Gli americani gridano altradimento saudita.

La portavoce del National Security Council – cabina di regìa della politica estera della Casa Bianca – ha usato toni insolitamente duri: «È chiaro che con questa decisione l’Opec si allinea con la Russia».

Sotto accusa c’è l’annuncio che il cartello Opec+ taglierà complessivamente due milioni di barili al giorno nella sua produzione di petrolio, pari al 2% del totale, con l’obiettivo di far salire i prezzi. Opec+ è la sigla che dal 2016 include il vecchio cartello oligopolistico del petrolio più la Russia. Sullo sfondo di questa decisione c’è l’imminente embargo europeo sul petrolio russo, che dovrebbe entrare in vigore fra due mesi. E ci sono le discussioni tecniche sulla modalità di applicazione di quella sanzione contro Putin: di fatto funzionerà come un divieto imposto alle compagnie assicurative — per lo più europee — di stipulare polizze per navi petroliere se il greggio che trasportano viene venduto a un prezzo oltre il tetto stabilito.

Il contesto delle sanzioni, con cui l’Occidente vuole ridurre gli introiti energetici grazie ai quali la Russia finanzia la guerra, spiega l’accusa che la Casa Bianca lancia all’Opec di allinearsi con Mosca.


Altri due fattori spiegano i toni della portavoce di Biden. Uno è l’approssimarsi delle elezioni legislative di mid-term negli Stati Uniti: un rincaro della benzina può danneggiare il presidente in carica e il suo partito.

Un altro fattore è interno allo stesso partito democratico: l’ala sinistra non ha mai perdonato a Biden il suo viaggio in Arabia saudita a luglio, ed ora è felice di potergli rinfacciare di non aver ottenuto nessuna concessione dal principe Mohammed bin Salman detto MbS.

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È vero che a luglio Biden chiese a MbS di aumentare l’estrazione di petrolio per far scendere i prezzi. Mentre ora l’Arabia, che ha un peso dominante nell’Opec, ha usato la sua influenza per convincere il cartello a fare l’esatto contrario.

Ma è proprio un tradimento, deciso per aiutare Putin contro l’Ucraina e contro l’Occidente?

In realtà nell’ottica dei sauditi e di molti altri paesi membri dell’Opec la motivazione dominante di questo taglio di produzione è un’altra: è la recessione in arrivo. Il mondo è cambiato molto da luglio. Tra l’estate e oggi i prezzi del greggio sono scesi molto – da 120 a 87 dollari il barile – perché è scesa la domanda mondiale, in parallelo con il rallentamento dell’economia mondiale. Il futuro non promette nulla di buono: il Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, ha appena ridotto le sue previsioni sull’andamento dell’import-export nel 2023, da una crescita del 3,4% ad un modesto 1%.

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