Le due anime di Meloni
Ilario Lombardo, Francesco Olivo
Lei è Giorgia, la sovranista che avverte l’Europa: «La pacchia è finita». Ma lei è anche Giorgia, la futura presidente del Consiglio convertita all’europeismo che ringrazia la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen: «Un passo in avanti per far fronte alla crisi energetica». L’incognita di queste ore, e non solo in Italia, è capire quale sia la Giorgia che guiderà il Paese. Se la responsabile leader che, con l’occhio pragmatico e i polsi tremanti per l’enormità della sfida che l’attende, evita i caroselli che avrebbero portato in strada fiamme e nostalgia. O la premier in pectore che già liquida il predecessore, Mario Draghi, e il suo lavoro su Pnrr e sulle trattative europee su gas, dando eco al vittimismo di chi è preda di una sindrome da assedio perenne. Il fatto è che anche nel suo popolo, oltre al comprensibile entusiasmo del momento, c’è qualche sconcerto. Quando Meloni, mercoledì sera, ha postato sui social un messaggio di apprezzamento per la lettera di Von der Leyen ai partner europei sulla crisi, le risposte sono state centinaia e con toni durissimi, la maggior parte delle quali arrivano da utenti chiaramente schierati a destra. «Ursula è quella che ci ha minacciato nel caso ti avessimo votato. Ma non ce l’avete un po’ di autostima?», si legge sotto al post. Altri ironizzano sul fatto che Enrico Letta o Emma Bonino siano entrati in possesso dell’account della leader che fu sovranista. Mentre c’è chi utilizza gli argomenti che Meloni ha usato spesso per criticarla: «L’Italia deve prendere le sue decisioni come Stato sovrano».
Le rivolte social lasciano il tempo che trovano, ma è chiaro che c’è una parte del popolo di destra che non ha digerito le presunte svolte moderate della sua leader. Al di là dell’Europa, l’altro tema che una parte dell’elettorato rischia di rifiutare è l’appoggio incondizionato all’Ucraina. Un sondaggio di Quorum/YouTrend ha dimostrato che questa ondata sui social non è un fenomeno virtuale: Fratelli d’Italia, il partito che più di tutti, con il Pd, ha appoggiato le sanzioni alla Russia ha un elettorato che la pensa diversamente: il 55% è contrario e solo il 27% è favorevole. Meloni ne è perfettamente consapevole. «È la prova che la nostra posizione a favore della Nato non è una scelta di convenienza politica. Anzi. E quindi è sincera», spiegava subito prima delle elezioni Giovanbattista Fazzolari, consigliere fidatissimo della leader e probabile sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. La luna di miele, magari ridotta visti i tempi, fa sì che per il momento la contraddizione resti sotto controllo. Ma quanto durerà?
In realtà, come prova a interpretarla una fonte del partito che la conosce bene, nel doppio registro di Meloni c’è tanta tattica e un po’ di strategia. Ci ha messo poco, pochissimo, la presidente di FdI, a passare da leader dell’opposizione a essere ribattezzata «Draghina», per l’atteggiamento che, stando al suo stesso vocabolario, è parso aderire «all’establishment» e «al mainstream». Per un giorno, davanti ai suoi commilitoni di partito, Meloni ha ritrovato i toni del salotto tv dove colpiva duro contro il governo. E deve farlo a maggior ragione adesso che dovrà scontentare tanti di loro, come altri dentro coalizione di centrodestra, delegando a figure tecniche l’architettura del suo esecutivo. Nel partito sono tutti allineati con la leader. Ma non è un mistero che i messaggi rassicuranti verso l’Europa vengano accettati da un’ala di FdI solo se frutto di preciso disegno.
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