Ridateci i tecnici

Marcello Sorgi

A 24 ore dalle sedute inaugurali delle Camere per l’elezione dei presidenti non c’è ancora un accordo sui candidati. Della lista dei ministri, neanche a parlarne. È in corso uno scontro senza esclusione di colpi tra Meloni e i suoi due principali alleati, Salvini e Berlusconi. Il leader leghista, per evitare il peggio (votazioni a vuoto come per la corsa al Quirinale e franchi tiratori in libertà) ha invocato un ennesimo vertice di maggioranza.

Dopo che da sabato a oggi ne sono falliti due, uno nella villa di Arcore del Cavaliere e un altro in quella romana, dove Meloni, che pretende che le trattative si svolgano in sedi istituzionali, neppure si è presentata. Quasi quasi verrebbe da chiedersi: ma come, non avevano vinto, anzi stravinto le elezioni, grazie al successo della stessa Meloni, che ha trascinato tutta la coalizione, compreso lo sconfitto Salvini e il “sempreinpiedi” Berlusconi? E non aveva promesso, ancora Meloni, già nella notte della vittoria, “responsabilità”? E non si erano subito impegnati nello stesso senso i suoi alleati? E non avevano ribadito la regola interna del centrodestra che chi prende un voto in più va a Palazzo Chigi? E allora cos’è successo per macchiare con questa prima rissa un risultato elettorale così importante?

È accaduto che fin dal primo momento in cui, al cospetto dei suoi alleati, Meloni ha tentato seriamente di applicare la regola, comportandosi come premier in pectore del prossimo governo, gli altri hanno cominciato a storcere il muso. La leader di Fratelli d’Italia ha provato a tastare il terreno proponendo, come segno di distensione dopo una campagna elettorale fatta di minacce e insulti, di assegnare una delle presidenze dei due rami del Parlamento all’opposizione. E quelli: «Stai scherzando?». Allora ha chiesto per il suo partito la presidenza del Senato, com’era già accaduto in passato ai tempi dei governi Berlusconi. Risposta di Salvini: se tu vai a Palazzo Chigi, le Camere toccano a noi. Meloni, risentita ha detto chiaro: intendo formare un governo di alto livello. Voi avanzate le vostre richieste, in termini di ministeri, io cercherò di accontentarvi, ma dev’essere chiaro che chi va a fare cosa lo decido io. E quando le competenze non ci sono, chiamerò dei tecnici.

Apriti cielo: Berlusconi, che in pubblico adopera spesso eufemismi, ha definito la Meloni «arrogante». Salvini, che fa tutto il conciliante, anche nel proporre di risedersi attorno a un tavolo ha ripetuto che i ministri della Lega li sceglierà lui: pacchetto chiuso, da non rispedire al mittente. E quanto alla presidenza del Senato, Calderoli (Lega) val bene La Russa (FdI), anche se in queste condizioni è evidente che nessuno dei due verrebbe eletto.

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