Filo Putin e anti-abortista, ecco chi è Lorenzo Fontana: il fedelissimo del leader che boicotta le famiglie gay
Antonio Bravetti
ROMA. Filo putiniano. Folgorato dal «grande risveglio religioso cristiano» della Russia contemporanea. Amante della famiglia tradizionale, anche perché quelle arcobaleno «non esistono». Euroscettico. Anti abortista. Una gioventù tra la chiesa e la curva un po’ nazi del Verona calcio. Da oggi, forse, presidente della Camera dei deputati. Lorenzo Fontana, classe 1980, è il candidato della Lega per lo scranno più alto di Montecitorio. «Dite che Giorgetti va a fare il ministro dell’Economia e lui risponde che va a fare l’allenatore della Juventus – scherzava ieri – allora io vado ad allenare il Verona. Siamo messi bene tutti e due».
E’ stato ministro della Famiglia prima e degli Affari europei poi nel governo Conte I, da quasi sette anni è il vicesegretario e responsabile Esteri della Lega salviniana. Ha tre lauree: in Scienze Politiche, in Storia e in Filosofia all’Università pontificia San Tommaso d’Aquino Angelicum, dove sta studiando per ottenere la quarta. Europarlamentare per due mandati, dal 2009 al 2018, negli anni a Strasburgo conosce e frequenta Salvini ed è colui che contribuisce a creare il legame tra il segretario leghista e Marine Le Pen («Un’alleanza storica che ho contribuito a stipulare», dice). Di recente è stato tra i promotori del progetto salviniano, finora fallito, volto alla creazione di un maxi-gruppo di centrodestra in Europa, che vada dai Popolari ai Conservatori, passando per Viktor Orban.
Da appassionato studioso della Russia di Putin nel 2014 vola in Crimea per l’annessione come osservatore internazionale. Vede cose, conosce gente. Torna e presenta un’interrogazione all’Europarlamento: «Considerando che il sì al referendum sopraccitato ha raggiunto quota del 96.6 %, quali sono le ragioni sulla cui base l’Ue vi dimostra avversione politica?». Non pago, aggiunge: «Il popolo della Crimea sente di essere tornato alla casa madre, la Ue dovrebbe fare un passo indietro sulle sanzioni alla Russia». Nel 2018 è illuminato dal «risveglio» putiniano, ne resta folgorato, come John Belushi nella chiesa di James Brown: «Ho visto in questo una luce anche per noi occidentali, che viviamo la grande crisi dei valori, immersi come siamo in una società dominata culturalmente dal relativismo etico».
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