Destra già a pezzi, sparito il centro, alleanza a rischio
Marcello Sorgi
È inutile nasconderlo: a quasi trent’anni anni dall’apparizione del centrodestra sulla scena politica italiana, l’elezione dei due presidenti delle Camere La Russa e Fontana rappresenta un passo indietro. Tutto il lavoro fatto da Berlusconi per rendere compatibili con la democrazia italiana un partito post-fascista e uno federalista (ma nella pancia secessionista) è stato consumato in pochi giorni. E questo è dimostrato anche dal tenore liquidatorio dello scontro tra la leader di Fratelli d’Italia e quello di Forza Italia, maturato nella giornata di ieri. Il foglietto in cui Berlusconi – sembrano gli appunti per un’intervista – definisce Meloni «supponente, prepotente, arrogante, una con cui non si può andare d’accordo». E Meloni che gli risponde che ha dimenticato di aggiungere «non ricattabile». Come possano questi due – il Fondatore del centrodestra vecchia maniera e la Rifondatrice – pensare di tornare ad allearsi per mettere su un governo, è tutto da scoprire, nei prossimi giorni.
Ma è intuibile che la vincitrice delle elezioni e candidata a Palazzo Chigi considera un “ricatto” le pressioni del Cavaliere per fare entrare nel governo la sua stretta collaboratrice Ronzulli. E che Meloni, piuttosto di accontentarlo, è pronta a non fare il governo, con conseguenze immaginabili sulle sorti della legislatura, e con un abbandono repentino dell’atteggiamento, se non proprio moderato, compatibile con la responsabilità che l’attende, tenuto fino a qualche giorno fa.
Quanto alla scelta dei due candidati eletti a Palazzo Madama e a Montecitorio e presi dalle file radicali dei due partiti, è un’altra conseguenza della mutazione genetica del centrodestra. Una svolta che contraddice i compiti di quel “triumvirato” che, con il Quirinale, da oltre un quarto di secolo sovrintende ai destini della Repubblica, accompagnandoli in tutte le emergenze, e muta la natura di questo organismo informale che è stato una risorsa nei momenti difficili di questi ultimi ventotto anni.
C’è da sperare, ovviamente, che i due nuovi presidenti sappiano interpretare i ruoli assegnati loro con senso delle istituzioni: e non è affatto escluso che lo faranno. La Russa, sia detto con tutto il rispetto, per tradizione familiare è un vecchio fascistone, che viene dalle file della “maggioranza silenziosa” inventata da Almirante, e si è molto ammorbidito nel tempo e nei lunghi anni di esperienza parlamentare: il discorso pronunciato subito dopo l’elezione fa testo della volontà di voler cambiare, dando vita a una nuova stagione della sua vita politica. Ha giurato, va preso in parola. Ma basta averlo frequentato in uno dei talk-show che ha frequentato spesso finora, e da cui dovrà necessariamente allontanarsi, per sapere che non ama essere contraddetto e reagisce con nervosismo, diciamo così.
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