Quel Pd che resiste a fatica anche nelle regioni rosse
Dal 2018 il Pd ha perso per strada circa 820mila voti. Quasi un milione di ex elettori Dem che, secondo l’Istituto Cattaneo di Bologna, sarebbero stati attratti soprattutto dal Terzo Polo. Insomma, se quella del 2018 venne definita come “la sconfitta più grave della storia del Pd e del centrosinistra”, questa volta al partito di Enrico Letta è andata anche peggio.
Con il centro-nord saldamente in mano a Fratelli d’Italia, che cannibalizza i consensi della Lega respingendola nel perimetro del vecchio Carroccio, e il Movimento 5 Stelle che si impone come “partito del reddito” al Sud, il Partito Democratico resta ancorato alla “zona rossa”. Un fortino che comprende Toscana, Emilia-Romagna, il nord delle Marche e dell’Umbria e che tradizionalmente è appannaggio della sinistra. Si tratta di una delle zone politiche storiche dello Stivale, dove il Pd e i suoi antenati hanno sempre avuto la meglio. Ma il voto del 25 settembre sembra aver rimesso in discussione anche i vecchi dogmi.
Prendiamo il caso della Toscana. Qui complessivamente il centrodestra è lo schieramento più votato con il 38,5 per cento delle preferenze. Il distacco con il centrosinistra è marginale. Ma fatto sta che il Pd e i suoi alleati in questa regione tradizionalmente orientata a sinistra sono arrivati soltanto secondi, con una percentuale del 33,8. È vero che sommando i voti di Movimento 5 Stelle e Italia Viva e Azione si sarebbe potuto superare il centrodestra, ma l’equazione non è automatica.
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