Lettera alla Sorella d’Italia
Ora Lei guida la coalizione delle tre destre più rissose e disomogenee dai tempi di Fini, Follini e Casini. E noi, nonostante tutto, vogliamo azzardare una scommessa su di Lei. Con tutto il rispetto, non abbiamo molta fiducia nei suoi “camerati di partito”: la competenza latita, mentre si tocca con mano la fame di potere e la sete di vendetta. Meno ancora ci fidiamo dei suoi “compagni di viaggio”: il leader della Lega per ora lo ha placato con una carica istituzionale e presto lo terrà sedato con un discreto pacchetto di poltrone. Ma quanto durerà? E cosa ci riserverà lui, pur non sedendo al Viminale e alla Farnesina, quando si discuterà dei primi sbarchi di migranti o di ulteriori armamenti all’Ucraina e nuovi embarghi a Mosca?
Il padre-padrone-padrino di Forza Italia lo ha “regolato” con una durezza inusitata e inaspettata. E ha fatto bene. Accettare che Berlusconi, debole del suo 8%, le recapiti un pizzino a uso di telecamere in cui le dà della “prepotente, arrogante, supponente, offensiva”, era impossibile. Ma rispondergli a brutto muso “non sono ricattabile” non era scontato. La Donna Alfa che infilza il Caimano – generalmente uso a trattare le altre donne come “vergini offerte al Drago” (copyright Veronica Lario) – è uno spettacolo che non avevamo ancora mai visto. E che ci è persino piaciuto, qualunque cosa significhi (il Cavaliere ha provato a comprarla? Ha minacciato di raccontare segreti irriferibili?). Del resto, per un anziano signore che si vanta di aver portato la pace nel mondo dire adesso “il tuo governo per la mia Ronzulli” non pare propriamente una strategia da statista. Meno che mai ventilare la rottura dell’alleanza se non si ottiene la Giustizia (per salvare se stesso dall’ennesima condanna sul Ruby ter) o le Comunicazioni (per proteggere le sue tv con un’altra infornata di norme ad aziendam).
Con “fratelli-coltelli” del genere è difficile andare lontano. Ma adesso che la prima tappa istituzionale è stata comunque raggiunta, sia pure nel peggiore dei modi, resta da fare il governo. È lì che si misurerà la sua capacità di rispettare la promessa di “una squadra autorevole” in cui si mescolano politici e tecnici. È lì che si capirà la sua volontà di imporre ministri oggettivamente competenti nei dicasteri-chiave (Tesoro, Esteri, Interno e Difesa) e ministri sufficientemente “moderati” in quelli più sensibili sul piano dei diritti (Giustizia, Salute, Lavoro, Famiglia). Vogliamo credere che Lei, sepolta nel Libro Nero degli errori la sua improvvida richiesta di impeachment del 2018 ai danni di Sergio Mattarella, nella stesura del Suo dream team e nel corso della legislatura saprà avvalersi della “leale collaborazione” del Capo dello Stato. Vogliamo credere che la Sua destra, nell’attuazione di un programma improntato al sovranismo e al conservatorismo, non porti mai l’Italia fuori dall’Atlante Occidentale, per seguire il “modello magiaro” ormai egemone nella famiglia politica europea che Lei presiede.
Perdoni questa “pedanteria democratica”. Ma per quel che ci riguarda, ci si dovrà abituare. Naturalmente noi non siamo Antonio Gramsci, e Lei non è Benito Mussolini. Ma ci torna in mente la risposta che il deputato comunista, continuamente interrotto dal Duce, diede al presidente della Camera, al termine di uno straordinario dibattito parlamentare del maggio 1925 sulla legge per le associazioni segrete. “Presidente: Onorevole Gramsci, questo concetto lo ha ripetuto tre o quattro volte, abbia la bontà! Non siamo giurati, a cui occorre ripetere molte volte le stesse cose! Gramsci: Bisogna ripeterle, invece. Bisogna che le sentiate fino alla nausea”.
LA STAMPA
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