Antonio Tajani: “Con la Ue serve flessibilità, la riformeremo. Putin parla di dialogo ma bombarda i civili”
Francesco Olivo
Messa alle spalle (o quasi) la complicata partita della manovra, Antonio Tajani pone un obiettivo al governo: «Una grande riforma della burocrazia». Il vicepremier è anche il ministro degli Esteri e lancia messaggi alla Russia: «Mandi segnali di voler negoziare».
Ministro, Putin dice di voler aprire un negoziato. C’è da fidarsi?
«I fatti ci dicono di no».
A cosa si riferisce?
«Se fosse vera e sincera
questa disponibilità credo che non ci sarebbe stato quel bombardamento
alla vigilia di Natale. Alle parole di Putin non seguono i fatti».
Quali segnali si aspetterebbe da Putin, se davvero fosse aperto al dialogo?
«Un segnale potrebbe arrivare dalla gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Per il momento non lo abbiamo visto».
L’Italia manderà ancora armi all’Ucraina?
«Il Parlamento si è espresso pochi giorni fa in questo senso e il governo ha una posizione molto chiara».
Il Natale è stato molto teso anche al confine tra Kosovo e
Serbia: minacce, provocazioni e anche una sparatoria. Siamo alle porte
di una nuova guerra etnica?
«Speriamo di no. Faccio un appello ad allentare le tensioni».
Lei è stato in Kosovo e Serbia un mese fa, che ruolo può giocare l’Italia?
«L’Italia
sta già svolgendo un ruolo importante, la presenza dei nostri militari è
uno strumento di politica estera e non è un caso che a guidare la
missione Nato KFor sia un generale italiano. Il nostro scopo è tornare a
essere protagonisti di quella regione, come già altri Stati stanno
provando a fare. In questo senso si inquadra la conferenza sui Balcani
in programma tra un mese a Trieste, a cui farà seguito un evento a Roma
con i ministri degli Esteri di quella regione».
Giorni caldi anche in Libia: il governo ha un piano?
«Per
noi è un’area strategica per molti motivi. Ho invitato a Roma l’inviato
dell’Onu Abdoulaye Bathily con il quale concordiamo l’auspicio che si
possano svolgere presto le elezioni».
È previsto un viaggio suo o della presidente del Consiglio?
«Ci
si arriverà, prima bisogna che sia chiaro un percorso che porti alle
elezioni. La stabilità della Libia è fondamentale anche per la questione
dei migranti».
I diritti umani vengono calpestati in Libia sulla pelle dei migranti, l’Italia vigilerà su questo?
«Anche per avere un controllo su queste situazioni è fondamentale che la Libia abbia un governo stabile».
Le violazioni dei diritti umani più elementari avvengono anche in Iran.
«Sto
aspettando l’insediamento del nuovo ambasciatore per convocarlo e
spiegargli la posizione italiana di ferma condanna della repressione in
corso. Se allarghiamo lo sguardo e arriviamo in Afghanistan notiamo una
recrudescenza fondamentalista che ci preoccupa».
È l’anno buono per riformare il Patto di stabilità e crescita dell’Unione europea?
«È una riforma fondamentale. L’obiettivo è che il patto non sia solo di stabilità, ma anche di crescita».
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