Covid, prove di retromarcia: scattano i primi interventi sull’obbligo delle mascherine
«È vero che larga parte della popolazione cinese non è immunizzata o lo è in modo insufficiente per via dei loro vaccini meno efficaci, ma lo è altrettanto il fatto che se in Italia Omicron 5 è largamente dominante, da loro ha circolato poco, per cui il virus non dovrebbe avere la necessità di mutare così tanto per aggirare le difese del sistema immunitario. Questo ci fa ben sperare circa la possibilità che, nonostante l’enorme mole di contagi, alla fine le varianti che inevitabilmente si produrranno, non saranno poi così diverse da quelle oggi circolanti in Italia».
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Questo però per Rezza «non significa escludere che una variante capace di aggirare le difese indotte dal vaccino o dalla malattia possa comunque venir fuori ed essere anche più patogena. Per questo dobbiamo spingere sul sequenziamento del virus». Gli oltre 70 laboratori di analisi coordinati dall’Iss sono già al lavoro, ma come ammette lo stesso Rezza «il numero dei sequenziamenti è ancora un po’ sotto gli standard richiesti dall’Ecdc, il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie. Questo anche perché negli ultimi tempi si sono fatti molti tamponi rapidi e pochi molecolari», gli unici che consentono di sequenziare poi il virus per individuare eventuali nuove varianti. «Noi continuiamo a monitorare attentamente la situazione, ma al momento sulle varianti prevalenti in Italia non registriamo scostamenti particolari», rivela il direttore malattie infettive dell’Iss, Maria Teresa Palamara. Ma a sentire gli esperti ministeriali c’è il rischio che in caso di nuove e malevoli versioni del virus si chiuda la stalla quando i buoi sono già scappati.
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Anche per questo Schillaci ha convocato per oggi al ministero l’Unità di crisi, della quale fanno parte lo stesso Rezza, il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, il direttore generale dell’Aifa Nicola Magrini, quello dall’Agenas Domenico Mantoan, il rappresentante degli assessori regionali alla sanità, l’emiliano Raffaele Donini, il capo dei Nas, generale Paolo Carra e il direttore della programmazione alla Salute, Stefano Lo Russo. Invitato speciale il dg dello Spallanzani Francesco Vaia, vicino alla Meloni, ma resta fuori Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità ed ex punto di riferimento di Draghi.
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Di allarmi la task force non ne lancerà, ma si inizierà comunque a studiare un piano per non farsi trovare impreparati, nel caso dalla Cina arrivi qualche brutta sorpresa. Eventualità che imporrebbe di ripristinare almeno le due misure basilari: mascherina e distanziamento nei luoghi affollati, sussurrano già i tecnici. Per i quali l’arma di difesa più efficace restano comunque i vaccini, visto che contro le varianti made in China fino ad ora sequenziate risultano essere ancora efficaci. Tra sanatorie per i No Vax e ripristino anticipato dei sanitari non vaccinati, però, i segnali lanciati dal governo non è che abbiano fatto bene alla campagna vaccinale. Che infatti langue.
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Ad aver fatto la quarta dose è solo il 9,4% della popolazione. Il 30,2% degli over 70 e il 43,5% degli ultraottantenni. Quelli che, cinesi o italiani che siano, con il virus rischiano ancora parecchio, visto che Omicron, spesso paragonata a una semplice influenza da più di un esponente della maggioranza, da inizio anno di morti ne ha fatti quasi 50mila. Non a caso, ieri Forza Italia ha sollecitato il governo a rilanciare la campagna di vaccinazioni. Non è la prima volta che gli azzurri chiedono più aderenza alle indicazioni fornite dagli esperti, ma questa volta la sindrome cinese potrebbe aiutare a non far cadere nel vuoto l’appello.
LA STAMPA
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