Meloni: «Avanti sul presidenzialismo. Il Covid? Il governo si è mosso immediatamente»

Il reddito e il Pnrr

Quando si arriva al reddito, Meloni promette che si chiarirà meglio il tema della congruità: «Se non vuoi un lavoro sottopagato che ti sfrutta, sono d’accordo. Se invece non accetti un lavoro dignitoso e pagato adeguatamente non puoi farlo restando a casa, mantenuto da chi paga le tasse». Sul Pnrr, è contenta che l’Italia abbia raggiunto in tempo i 55 obiettivi e se bacchetta il governo precedente per averne conseguiti solo 25, dà atto a Draghi che «la staffetta ha funzionato». Ora però viene la parte difficile, aprire i cantieri e «portare avanti velocemente le opere pubbliche». Salvini ha voluto il nuovo codice degli appalti e la premier lo loda: «Riforma fondamentale». E quando si arriva a Crosetto, che al Messaggero ha annunciato uno spoil system «col machete», conferma la linea dura: «Nel passaggio di consegne, qualcuno prima di andarsene ha lavorato per occupare posizioni. Serve una revisione della legge Bassanini». La tregua fiscale Sul cuneo fiscale «si farà molto di più», fino a 5 punti di taglio e il secondo grande obiettivo è «una tassazione che tenga conto dei figli a carico». La natalità? «Priorità assoluta». La casa? «Bene sacro e non pignorabile, da questo governo non partirà mai una tassazione». Distesa e sorridente, la premier si adombra quando si parla dei tanti condoni della manovra: «Non ce ne sono, abbiamo fatto una norma che chiede a tutti di pagare il dovuto consentendo una rateizzazione e le uniche cartelle stralciate sono quelle vecchie sotto i mille euro». Assicura che il governo sta facendo «cose di buon senso, che tutto fanno meno che andare incontro a chi vuole favorire l’evasione fiscale». E si dice dispiaciuta che sia passata sotto silenzio l’assunzione di 3900 funzionari all’Agenzia delle entrate.

Attacchi all’opposizione 

Alle minoranze non fa sconti. E difendendo le scelte del ministro Nordio sulle intercettazioni («Strumento straordinario, ma gli abusi vanno corretti») va giù pesante soprattutto con Conte: «Ho sentito molte accuse dalle opposizioni, ma io la morale da chi al governo ha liberato boss al 41 bis con la scusa del Covid, ha comprato i banchi a rotelle destinati al macero e ha approvato il condono di Ischia non me la faccio fare». Finché, quando arriva la domanda su Antonio Panzeri e l’inchiesta Qatargate, Meloni attacca: «Mi ha molto innervosito che molti colleghi internazionali definiscano questi fatti italian job, mentre le responsabilità sono trasversali, tra le nazioni. Le cose vanno chiamate col loro nome, socialist job e lo dico per difendere l’orgoglio nazionale».

Iran e Ucraina 

Meloni condanna come «inaccettabili» le repressioni in Iran: «Se non dovessero cessare, l’atteggiamento dell’Italia cambierà». Confessa di «non aver approfondito» il Trattato di Roma con la Francia: «I contorni non mi sono chiarissimi». Poi, sull’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Putin, bolla come «inaccettabile» il principio che un Paese militarmente più forte possa invadere il vicino: «Spero che il governo russo si renda conto dell’enorme errore e decida di fermare questa incomprensibile guerra di aggressione». L’Italia è pronta a «farsi garante di un eventuale accordo di pace» e la premier andrà a Kiev prima del 24 febbraio. E il Mes? Roma non prenderà quei soldi. Meloni propone un incontro con il direttore del Fondo salva-Stati («A che serve tenere bloccati decine di miliardi che nessuno utilizza?») e conferma che, sulla ratifica, «il governo si confronterà con il Parlamento».

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